Dio non è dimostrabile con la ragione

Dio non è dimostrabile con la ragione

Eccoci dunque alla seconda parte dell’articolo dedicato alla questione della possibilità di giungere ad una dimostrazione dell’esistenza di Dio tramite la ragione. Nella scorsa parte (che trovate qui) abbiamo analizzato le tesi di filosofi convinti della possibilità di effettuare una simile impresa. In questo articolo invece prenderemo le misure a partire dalle tesi di due filosofi che, a modo loro, hanno asserito che Dio non è dimostrabile con la ragione : ovvero Kant e Kierkegaard.

Per fare ciò mi servirò anche in questo articolo, esattamente come nel precedente, di riferimenti diretti ai testi dei filosofi. In particolare, analizzerò i testi nei quali è presente la loro tesi fondamentale che voglio qui evidenziare, (ossia che per loro Dio non è dimostrabile con la ragione): la “Critica della ragion pura” e le “Briciole filosofiche”.

Kant e la confutazione dell’argomento ontologico

kant
Immanuel Kant

I limiti della conoscenza

Come noto, Kant (1724-1804) all’interno della Critica alla ragion pura sostiene che le conoscenze umane abbiano dei limiti ben noti e determinati: le nostre conoscenze infatti non possono trascendere i limiti dell’esperienza empirica. Qualsiasi tentativo della ragione di voler conoscere ciò che va al di là dell’esperienza sensibile secondo Kant va confutato.

L’intelletto umano per Kant non è in grado di effettuare intuizioni, esso si limita a ricevere intuizioni sensibili per poi unificarle ed a partire da essi costruire gli oggetti dei quali facciamo esperienza. Quindi, perché si dia conoscenza, è necessario che l’intelletto riceva intuizioni empiriche dai sensi. Se si prescinde da esse, l’intelletto non è in grado di conoscere, ma solo di pensare: sono due cose diverse.

Le pretese della ragione

Però, dice Kant, l’intelletto potrebbe tentare di andare al di là dei sensi. La tradizione metafisica ad esempio è una tradizione che ritiene che l’intelletto possa fare a meno dell’esperienza. Ritiene che si sia in grado di cogliere il sovrasensibile senza la sensibilità, quindi in realtà tutta la tradizione metafisica ritiene che l’intelletto produca delle conoscenze a prescindere dall’esperienza. Kant quindi riconosce all’intelletto questa pretesa, considerata come una tentazione quasi inevitabile per l’essere umano.

Kant è lapidario: qualsiasi tentativo della ragione che voglia prescindere dai sensi è destinato a fallire. Il tentativo di dimostrare Dio non fa eccezione: Dio non è dimostrabile con la ragione secondo Kant!

La critica alla possibilità di dimostrare dio

Dunque, secondo Kant le dimostrazioni dell’esistenza di Dio addotte in passato dalla metafisica sono fallaci. Esse infatti tentano di poter prescindere dall’esperienza. E’ proprio per questo che per Kant Dio non è dimostrabile con la ragione: perché si andrebbe oltre al limite di ciò che possiamo conoscere.

In Kant, l’esistenza di Dio non è dimostrabile con la ragione perché le varie prove della sua esistenza tentano di attribuirgli appunto la categoria dell’esistenza senza basarsi però su intuizioni sensibili.

Kant prende in considerazione tre diverse prove dell’esistenza di Dio: l’argomento ontologico ( Di Cartesio), poi quello cosmologico ( di Leibniz) e poi quello fisico-teologico(prova di Newton).

La critica più rilevante e che sarà quindi analizzata in questo articolo è quella all’argomento ontologico. Secondo Kant infatti, le altre prove dimostrano solo il concetto di un essere necessario, non la sua esistenza! Per dimostrare l’esistenza occorre infatti presupporre l’argomento ontologico, che intende risalire all’esistenza a partire dall’essenza.

Critica all’argomento ontologico: struttura e scopo

Spesso questa critica viene del tutto fraintesa. Kant non intende riproporre in alcun modo quella che era la vecchia obiezione all’argomento ontologico, ovvero che confondesse due ordini diversi, quello del pensiero e quello del reale e compisse quindi un passaggio indebito. Si trattava di un’obiezione era debole, perché se l’esistenza appartiene necessariamente all’esistenza di Dio i due ordini sono congiunti, quindi Kant percorre una strada nuova e la sua critica non riguarda per nulla questo concetto!

La critica si rivolge a tutt’altro: ossia all’impossibilità di effettuare una deduzione analitica dell’esistenza di Dio a partire dalla sue essenza. Vuole ossia dimostrare che l’esistenza non fa parte dell’essenza di Dio. Se facesse parte dell’essenza, sarebbe possibile dedurla tramite giudizio analitico, mentre in caso contrario sarebbe possibile grazie ad un giudizio sintetico e quindi esterno all’essenza. Questo particolare sarà importante nella fase conclusiva.

In sintesi, vuole dimostrare che qualunque giudizio che dica cose come “questo tavolo esiste”, “Dio esiste”ecc, e quindi qualsiasi giudizio che metta il predicato è esistente, non possa essere un giudizio analitico. Una volta dimostrato ciò verrà esplicitato in che senso in Kant Dio non è dimostrabile con la ragione.

Vuole, da un altro punto di vista, sostenere che tutti i giudizi di esistenza debbano essere sintetici. Essi sono giudizi che prevedono l’intuizione dell’oggetto dato. Se noi intuiamo qualcosa possiamo dire che è esistente. Tutti i giudizi che congiungono a un qualunque soggetto il predicato “è esistente”, sono sintetici.

Lo svolgimento: l’esempio dei 100 talleri.

Per sostenere la sua tesi, Kant introduce il famoso “Esempio dei 100 talleri”. Vuole dimostrare che l’esistenza di qualcosa non faccia parte della sua essenza.

Oggetto e concetto non possono che avere un contenuto rigorosamente identico, e nulla può essere aggiunto al concetto (che esprime la semplice possibilità) per il fatto che il suo oggetto sia pensato come assolutamente dato (mediante l’espressione: esso è). E dunque il reale non contiene niente più del semplicemente possibile. Cento talleri reali non contengono assolutamente nulla in più di cento talleri possibili. Infatti, poiché i secondi stanno a significare il concetto e i secondi l’oggetto, se l’oggetto possedesse qualcosa di più del concetto questo concetto non sarebbe il concetto adeguato.

Kant. Critica alla ragion pura

Prendiamo 100 talleri. Il fatto che essi esistano o non esistano non cambia in nulla le loro caratteristiche. Le caratteristiche di 100 talleri consistono nell’essere 100 unità di un tallero, con cui si possono comprare certe cose. Tutte le caratteristiche contenute nel concetto di 100 talleri non prevedono la caratteristica dell’esistenza, o meglio, che questa ci sia o non ci sia, non cambia in nulla l’essenza di questo tipo di moneta.

100 talleri possibili e 100 talleri reali sono la stessa cosa, hanno la stessa essenza, solo che uno è pensato e l’altro esiste, ma la loro essenza non cambia. Quindi l’esempio dei 100 talleri serve a spiegare che l’essenza di qualunque concetto non cambia se esso è posto come esistente o inesistente. Dio non è escluso da questo ragionamento.

Dunque, l’esistenza non entra dentro l’essenza di qualunque concetto. Kant sa bene la differenza tra il concetto di 100 talleri e il concetto di Dio, ma il suo punto è che in entrambi i casi 100 talleri e Dio, l’esistenza non modifica l’essenza di queste due nozioni, di questi due concetti!

Se penso una cosa, con qualsiasi numero e sorta di predicati( penso una cosa che abbia un solo predicato oppure quello supremo che ha la totalità di predicati perfetti) non aggiungo assolutamente nulla alla cosa per il semplice fatto di affermare che la cosa è.

Kant, Critica della ragion pura.

Dunque, Kant ha dimostrato che l’esistenza non fa parte dell’essenza di qualcosa. Andiamo ad analizzare le conseguenze di tale fatto.

Conclusioni

Dunque, l’esistenza non fa parte dell’essenza. Ergo, non è possibile dedurre analiticamente l’esistenza di qualcosa. Dunque, è possibile dedurre l’esistenza solo tramite un giudizio sintetico.

Per dire che Dio esista quindi, dobbiamo avere esperienza empirica di esso. Non potendo avere intuizioni sensibili di Dio, non ci è permesso quindi di effettuare questo giudizio sintetico.

Si badi bene che Kant non intende di certo negare l’esistenza di Dio ( che sta alla base delle sua morale invece) bensì, come già detto, ha dimostrato che Dio non sia dimostrabile con la ragione, perché trascende i limiti della conoscenza umana.

Kierkegaard: Dio non è dimostrabile con la ragione, è tutta questione di fede!

Kierkegaard

La fede è paradosso! La fede contraddice la ragione

Il pensatore danese Kierkegaard (1813-1855) è stato sicuramente tra i più fermi oppositori rispetto alla possibilità di dimostrare l’essere divino: Dio non è assolutamente dimostrabile con la ragione secondo lui!

Come noto, non si tratta per nulla di un filosofo ateo o agnostico. Ma al contrario, è fermamente credente. Per lui però, credere è un puro fatto di fede. Non ha assolutamente nulla a che fare con la ragione.

Secondo Kant, l’esistenza di Dio non è dimostrabile con la ragione perché essa va al di fuori delle possibilità della conoscenza umana. Ebbene, Kierkegaard si spinge oltre: specialmente nel caso del cristianesimo, la fede non solo non è raggiungibile con la ragione. Essa è bensì inaccettabile e contraria alla ragione!

La fede non è quindi in alcun modo assimilabile alla ragione. Kierkegaard usa una parola determinata e suggestiva per descriverla: paradosso! Tale argomento viene addotto in una delle sue opere più importanti, ovvero “Briciole filosofiche”.

Paradosso e logica della non contraddizione

Andiamo ora a capire in che senso la fede sia paradossale in Kierkegaard. Ebbene, la fede è paradossale perché richiede il tramonto della ragione: richiede infatti di credere in ciò che la ragione reputa e deve reputare come inaccettabile. Credere in Dio significa credere nell’impossibile! Infatti, secondo il cristianesimo, Dio entra nella storia, entra nel tempo, tramite la figura di Gesù. Per la ragione, ciò è inaccettabile: è inammissibile ammettere che l’eterno possa entrare nel tempo. E’ impossibile che ciò che non nasce e non muore possa entrare in un determinato punto della storia, nascere e morire. Impossibile che sia umano ed al contempo divino.

Perché lo reputiamo paradossale? Semplice: perché la nostra ragione è basata sulla logica della non contraddizione! Ogni nostro parlare presuppone infatti quel principio. Qualsiasi cosa che lo infranga è per noi inaccettabile! Ecco perché la fede non deve essere oggetto di conoscenza: va oltre alla razionalità, oltre alla logica della non contraddizione.

Questo rapporto non si lascia descrivere con il raccontare storie e strombazzare, ma solo in quella felice passione che abbiamo chiamato: la fede, il cui oggetto è il paradosso; ma il paradosso unisce proprio la contraddizione. Esso è ciò che rende eterno quanto è storico e che rende storico l’eterno.

Kierkegaard, Briciole di filosofia.

Contro la razionalizzazione della fede

Kierkegaard combatte ogni tentativo di ammaestrare questo fatto, di ridurlo a ragione. Per lui, la fede è autentica solo se è consapevole che comporta il credere in qualcosa di paradossale. Qualsiasi tentativo di dimostrare Dio è dunque un tentativo di ridurre il paradosso a qualcosa di razionale. Questo, secondo Kierkegaard, perché molti sono spaventati dal fatto che la fede sia paradossale, e vorrebbero ridurla quindi a qualcosa di razionale. Fallendo.

La ragione si può impadronire con disinvoltura di quel fatto. Tuttavia questo fatto non tollera di venire ammaestrato; è troppo orgoglioso e non si lascia ridurre a speculazione. Questo fatto è solo per la fede.

Kierkegaard, Briciole filosofiche.

il tramonto della ragione

Quando si parla di Dio quindi, la ragione deve tramontare, perché non può accettare il paradosso! La fede invece è molto più ampia, permette di accoglierlo e di accettarlo.

Ma ogni passione, portata alla massima potenza, vuole il proprio tramonto; e così pure la più alta passione dell’intelletto vuole è di volere l’urto, anche se l’urto deve in un modo o nell’altro diventare il suo tramonto

Kierkegaard, Briciole filosofiche

In breve dunque, qualsiasi tentativo di dimostrare Dio con la ragione è destinato a fallire in quanto la fede è paradossale, ed in quanto tale irriducibile a ragione. Ci sarebbero molti altri aspetti da analizzare, ma per quanto riguarda questo articolo, direi che per non appesantire troppo il mio pubblico quanto detto fino ad ora è sufficiente!

Fonti

Per scrivere questo articolo, mi sono servito dei seguenti testi Se voleste saperne di più su questi argomenti, vi lascio ora il link per comprarli, sostenendo in questo modo il mio lavoro!

Kant

Critica alla ragion pura

Kierkegaard

Briciole filosofiche

Una risposta a “Dio non è dimostrabile con la ragione”

  1. Buongiorno,
    Due critiche ritengo di poter avanzare alle tesi dei due filosofi.
    Per Kant mi sembra egli non tenga conto dello sviluppo delle capacità di esplorazione sensibile dell’universo attraverso la tecnica. Non aveva, ad esempio, idea della capacità d’investigazione delle scale atomiche e nucleari mediante gli acceleratori di particelle. Questi non dicono ancora niente sull’esistenza e l’essenza di Dio ma possiamo dire oggi che lo sviluppo tecnico sia giunto al termine?
    Per Kierkegaard, rispetto alla ragione, quindi esperienza sovrannaturali, per il cristianesimo noi conosciamo Dio solo attraverso le Sacre Scritture. Di esse, come per tutti i testi, è possibile deciderne il livello di coerenza a partire dagli assiomi fondamentali, proprio come si fa per qualsiasi testo scientifico. Come per ogni scienza, in cui la teoria è confermata dall’esperienza anche senza arrivare a definire completamente il fenomeno, anche per la fede si può arrivare a confermare o confutare le sue tesi e questo mediante il solo uso della ragione. Essa, in questo caso, però deve comprendere nel suo esame anche, e soprattutto, gli aspetti affettivi, o psicologici, volendo, in quanto parte fondamentale del fenomeno la vita umana, fatta di materia e pensiero.

    Cordiali saluti

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