Ostentazione: una retorica. A cura di Federica Lunetta

O anche:una retorica dell’ostentazione

Di Federica Lunetta.

Ostentazione”: termine largamente apprezzato (come insulto) in un contesto regolativo, nel particolare  tentativo di limitare specifiche forme di espressione personale. Curiosamente, l’uso italiano della parola sottolinea la volontà di evidenziare eccessivamente una qualità positiva per quanto etimologicamente più simile a “presentare” o “esporre”. Ma non fermiamoci in questo contesto all’etimologia dei fenomeni, delle parole, delle persone – seguiamo invece la loro realizzazione. Che sia la retorica dell’ostentazione simbolo del fallimento di un principio di analisi “trans-morale”? Nell’utilizzazione di questo neologismo come studio (analitico) in perfezionamento costante, sulla declinazione locale di un’etica morale dalla forse erronea applicabilità universale[1]. Come la bioetica preoccupazione, riportata al complementare studio delle ragioni e necessità plurime di una morale globalmente particolare.  

Orgoglio ed abbandono

Uso questa crasi nel tentativo di unire la necessità terrestre di principi base, all’indubbia urgenza di adattabilità specifica di tale etica. Una retorica invece della razionalità “ad esclusione di”, data per scontata e dalle particolari sfaccettature, è spesso accompagnata da dichiarazioni indignate per una reclamata oggettività. Senza considerare il rischio ed il difficile merito nell’individuazione dell’oggettività, l’atteggiamento atto a svalutare alcune dignità rispetto ad altre rimane comunque più simile all’ostentazione dell’espressione della propria identità. Perse in questo processo la ricchezza dell’esperienza, la neutralità dei presupposti umani, il discorso dell’applicazione della morale finisce per minare l’intoccabile  Ostentazione, orgoglio: si susseguono nel contendersi una definizione di fallimento morale. Ostentazione, strumentalizzazioni: quando una comunità viene accusata di lasciar indietro i propri membri, sorge spontanea una domanda. Da chi, ma soprattutto “A Chi siamo stati abbandonati?[2]”.

Transizioni morali che portano a consapevolezze di più ampia scala, eppure oggi ci manca il fiato.

Non tutti recuperano questo respiro: il sistema di attribuzione di “abbastanza colpa” sa bilanciare linearmente la vita e la morte (e tutto ciò che rimarrà) di una persona, con l’oltraggio reclamato di un indefinito “danno alla morale”.

Al di là della morale

Attraverso la morale, oltre la morale, senza alcuna morale. dimenticare le necessità collettive di un pensiero etico ci lascia con una distorsione sbilanciata dei passi mossi sulla sabbia, nell’una o altra direzione.

Un procedimento costruttivo trans-morale richiede basi di rispetto e continua, faticosa analisi di meccanismi sociali: coerente con il desiderio di gerarchizzare le persone in base a ciò che appare un concetto di “dignità umana meritocratica[3]”, qualsiasi cosa possa significare, l’indifferenza polarizza invece chi incarna la vergogna agli estremi della democrazia.

Abbandonati forse a noi stessi, o forse ad un’altra soggettività: in ogni caso una comunicazione introspettiva senza confronto ci lascia soli nella realizzazione. Accompagnando la coscienza nel realizzare l’esistenza di concetti adatti, e le mani nella realizzazione di adatti effetti, la dimensione empatica di una morale si trova ad essere basata sulla rielaborazione attiva. Reinterpretando il motto Michelstaedteriano “Δι᾽ ἐνεργείας ἐς ἀργίαν[4] in un’espressione di una pace, per quanto traballante, raggiungibile attraverso la mira all’anti-retorica figurazione di tale otium come un processo costruttivo in vivo rinnovamento, estenuante necessità di rielaborazione perpetua.

Per Filosomattia and Co, Federica Lunetta!


Note

[1] Mi permetto in questo caso un artificio linguistico, nel tentativo non di creare qualcosa ex nihilo (come una nuova morale o una diversa etica), ma di definire in modo più accurato possibile la pluralità di filosofie morali, come viste in un macro-sistema .

Per una parola dallo sguardo ampio, non giudicante ma fisso sulle fondamenta dei diritti umani; analitico e curioso come una dissezione, ma non privo di obbligazioni etiche.

[2] Leggera riflessione sull’attuale dibattito riguardante le pari opportunità nel contesto pseudo-politico della burocrazia italiana.

[3] Anche secondo le direzioni indicate dal testo “EU Charter of fundamental rights”, Articolo 1 – Dignità umana. (“La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.”). Sembra common sense eh? Ma fino a che punto ci si chiederebbe.


[4] Chiaramente tratto da “La persuasione e la Rettorica”, Carlo Michelstaedter.

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