La destituzione di Mussolini 80 anni dopo. Di Daniele Santarosa

mussolini

Introduzione redazionale

E’ per me un grande onore presentarvi questo articolo di Daniele Santarosa dedicato alla destituzione di Mussolini. Si tratta del suo terzo articolo scritto su questo sito. Vi lascio qui i suoi altri articoli!

Si tratta di un articolo storico molto preciso e dettagliato, in linea quindi con i suoi articoli precedenti! Ha una grande precisione nella descrizione degli avvenimenti.

Molto interessante la sua riflessione finale sull’importanza delle scelte nella scelte individuali nella storia.

Il direttore, Mattia Mandalà

La destituzione di Mussolini 80 anni dopo. Di Daniele Santarosa

Il 25 luglio scorso è ricorso l’ottantesimo anno della destituzione di Mussolini dopo quasi 21 anni di potere assoluto.

Il 25 luglio 1943 è una data spartiacque nella storia italiana. Il “Duce del fascismo”, colui che per anni radunò e galvanizzò milioni di italiani con i suoi discorsi, fu destituito dal Re Vittorio Emanuele III dopo un incontro di soli venti minuti. L’Italia è il paese dei misteri, delle mezze verità e delle verità romanzate; la destituzione di Mussolini ha degli elementi non del tutto chiari dal punto di vista politico, giuridico e storico ed è ciò che si vuole approfondire con questo articolo.

Sembra incredibile ma non vi sono atti ufficiali della celeberrima seduta del Gran Consiglio del fascismo del 24-25 luglio 1943 e del seguente incontro tra Mussolini ed il Re. La storiografia per 80 anni si è basata solo sui memoriali dei presenti e le interviste raccolte da storici e giornalisti. Il regolamento di funzionamento del Gran Consiglio non prevedeva la stesura di un verbale ma solo la presenza di uno stenografo. Mussolini era a conoscenza dell’ordine del giorno presentato dal gerarca Dino Grandi e del clima che si sarebbe potuto creare, e dispose per l’allontanamento dalla stanza dello stenografo. Non possiamo fare altro che basarci sulle testimonianze dei presenti che riportano parole grosse, clima agitato, addirittura l’estrazione di una pistola da una fondina.

Per poter comprendere il fatto storico oggetto di trattazione è necessario fare un breve resoconto degli eventi che hanno portato alla rimozione di Mussolini. Come è ormai accertato l’Italia divenne parte attiva nella Seconda guerra mondiale in stato di impreparazione. I vertici militari ed anche una parte dei gerarchi fascisti fin dal 1939 erano contrari alla “discesa in campo”, ma visto e considerato il potere assoluto di Mussolini non vi fu una vera e propria opposizione, bensì nacquero solo delle fronde nelle forze armate e nel partito fascista. Nei primi giorni di luglio del 1943 gli Alleati occuparono militarmente la Sicilia ed il bombardamento del quartiere San Lorenzo in Roma del 19 luglio tolse alla Capitale, alla “città eterna”, lo stato di immunità e di inviolabilità almeno apparente, mai formalizzato, ma quasi implicito visto e considerato il ruolo di Roma nella storia e nel mondo per la sua bellezza e la presenza del Papa.

Insomma: era necessario invertire la rotta del paese. Visto l’inerzia della Corona (nonostante la dittatura, era ancora in vigore lo Statuto Albertino e pertanto il Re aveva il potere di rimuovere Mussolini), prese in mano la situazione il gerarca Dino Grandi che presentò un ordine del giorno al Gran Consiglio del fascismo convocato per il 24 luglio con il quale si chiedeva di restituire al Re il ruolo di Capo delle forze armate (ruolo che era in capo a Mussolini durante la guerra, quindi il Duce aveva un ruolo politico e militare) e di ripristinare le prerogative statutarie.

La mozione Grandi fu approvata dopo una seduta infuocata. Sappiamo che non abbiamo riscontri ufficiali della seduta, ma un dato è certo: l’ordine del giorno Grandi chiedeva la restituzione dei poteri militari al Re e non la sfiducia formale a Mussolini (cosa che per altro il Gran Consiglio non avrebbe potuto chiedere in quanto solo organo consultivo), allora perché il 25 luglio Mussolini fu destituito? Il Re agì nella legalità costituzionale, nel pieno dei poteri a lui conferiti dallo Statuto, ma Mussolini lasciò Palazzo Venezia quella notte del 25 luglio convinto di andare nel pomeriggio dal Re e di ottenere una nuova fiducia. In realtà il Re tramava da tempo con le alte sfere delle forze armate e alcuni gerarchi fascisti per rimuovere Mussolini. L’andamento della guerra per l’Italia era chiaramente infausto e nefasto. Il nemico era in casa, la fiducia con la Germania di Hitler era ormai ridotta ai minimi termini, eppure Mussolini si presentò dal Re con la convinzione di rilanciarsi.

L’ormai ex Duce lasciò Villa Savoia in stato di arresto a bordo di un’ambulanza che, con sirene spiegate, e ad una velocità folle, raggiunse una caserma di allievi carabinieri. È curioso arrestare un Capo del governo con questa modalità, nascondendolo in varie sedi, per quasi due mesi, fino alla liberazione ad opera dei tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre. Come mai il Re e il nuovo capo del Governo Badoglio agirono in questo modo? 

Un importante riferimento è il libro del gerarca Luigi Federzoni (presente alla citata seduta del Gran Consiglio), pubblicato nel 1967, dal titolo: “Italia di ieri per la storia di domani”. Federzoni in questa monografia riporta il verbale autografo da lui scritto durante la seduta del Gran Consiglio ed un memoriale ricevuto da Dino Grandi nel 1956. Il contenuto è inequivocabile: i gerarchi volevano privare Mussolini dei poteri militari, ma non vi era intenzione di rimuoverlo anche dal ruolo di Capo del Governo, tant’è che nei giorni successivi all’arresto del Duce alcuni gerarchi si affrettarono a spedire lettere all’ex dittatore ritrattando il proprio voto. La sostituzione di Mussolini con Badoglio e l’arresto del capo del fascismo furono voluti dalla Corona, la quale temeva una reazione dai fascisti più intransigenti, e quindi si mosse con estrema cautela. A tal proposito, un altro elemento che fa riflettere in questa vicenda è l’inerzia della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, la forza armata che faceva riferimento direttamente al partito fascista, un’organizzazione fedelissima a Mussolini, la quale non sparò un colpo e non mosse un dito. Il capo della MVSN Enzo Emilio Galbiati, accusato dai fascisti  più intransigenti di codardia  durante il periodo della Repubblica di Salò e in una querelle giornalistica dopo la guerra finita in tribunale, difese la sua scelta con la volontà di non scatenare una guerra civile nel paese. Non abbiamo la prova contraria di ciò, fatto sta che in una notte si sgretolò l’organizzazione totalitaria del fascismo che andava avanti da 20 anni.

Ben 19 gerarchi votarono contro Mussolini durante la notte del 25 luglio e, come ci mostrano le immagini dell’istituto LUCE, nel pomeriggio, dopo l’annuncio della destituzione di Mussolini via radio, milioni di italiani si riversarono per le strade per festeggiare la caduta del tiranno.  

Il 25 luglio rappresenta il precipitare della crisi dovuta alle sorti della seconda guerra mondiale. In quel momento l’Italia è già un Paese occupato dagli Alleati, con tutti i problemi legati alle vicende del conflitto. Questo è l’elemento che determina la critica dei gerarchi a Mussolini. Loro volevano salvare il fascismo, salvare Mussolini, prendendo però un’altra strada. I gerarchi non erano degli antifascisti, coloro che votarono contro Mussolini sono gli stessi che da anni sedevano nel Gran Consiglio e per decenni sono stati suoi collaboratori nella costruzione del regime. All’indomani del 25 luglio rappresenteranno se stessi come i salvatori della Patria in senso antifascista ma le cose, adesso è chiaro, sono andate diversamente. Ciò lo si comprende dalla reazione degli italiani. Le piazze italiane si riempirono di manifestazioni di gioia e di liberazione. Molti pensarono che fosse finita la guerra, ma in realtà era finito il fascismo. E c’è di più: gli italiani che dimostravano giubilo per l’arresto del Duce non erano gli stessi che fino a qualche tempo prima partecipavano alle adunate? Allora, qual è il rapporto degli italiani col fascismo? Bisogna considerare che l’Italia è stato un Paese profondamente fascista e che nella dinamica del 25 luglio i partiti antifascisti non ci sono.

Nella vicenda della destituzione di Mussolini emerge la tipica ambiguità e doppiezza italiana, atteggiamento che continuerà  anche dopo il 25 luglio, in cui per 45 giorni il governo Badoglio continua la guerra formalmente ancora alleata ai tedeschi, salvo trattare in segreto il cambio di fronte con gli anglo-americani e rendere noto l’armistizio di Cassibile (firmato il 3 settembre 1943 e reso noto solo l’8 settembre) un’ora dopo che lo fecero gli Alleati.   

A distanza di 80 anni la storia ci ricorda l’importanza dell’assunzione di responsabilità, di scegliere. Le azioni, a qualsiasi livello, sono sempre decisive; non tutti abbiamo le stesse responsabilità, ma ognuno di noi prima o poi è chiamato a scegliere. Una scelta è avvenuta dopo l’annuncio dell’armistizio di Cassibile, quando il Paese si spaccò e ognuno scelse da che parte stare; una scelta è avvenuta il 2 giugno 1946 quando gli italiani scelsero di lasciarsi alle spalle la monarchia. La responsabilità della scelta è un fatto che può essere attualizzato e ieri, oggi, domani siamo sempre il risultato delle nostre scelte.

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