Pericle in Tucidide: come usare la retorica in politica!

Pericle retorica

L’articolo seguente, dedicato all’uso della retorica in politica all’interno dei discorsi di Pericle presenti all’interno dell’opera “Guerra del Peloponneso” di Tucidide, è la rielaborazione di un mio vecchio elaborato per un esame universitario del 2020, qui ora sistemato e proposto online!

Se volete leggere altri articoli politici trovate qui un elenco!

Buona lettura!

Introduzione

Non è un mistero il fatto che la retorica abbia un ruolo fondamentale in politica e negli ambiti pubblici, indipendentemente dal luogo, dal tempo e dal tipo di istituzione considerata.

Questa pretesa di utilità trascendentale, soprattutto nell’ambito politico, si fonda sul fatto che l’arte del parlar bene e del persuadere,  asservita ad un’autorità di qualunque genere, può risultare una dote vantaggiosa per chi la possiede come sarà dimostrato in questa sede.

La retorica ha un ruolo  determinante in democrazia, soprattutto a seguito dell’avvento del suffragio universale, come notato da Max Weber nell’opera”La politica come professione”. In un simile contesto, per aspirare al potere, bisogna avere dalla propria parte una solida maggioranza:

”Diviene capo infatti chi ha dietro di sé la macchina, anche a dispetto del parlamento. La creazione di tali macchine significa l’avvento della democrazia plebiscitaria”

Max Weber

Per ottenere consensi, è fondamentale servirsi della retorica, al fine di costruire discorsi che persuadano l’ascoltatore a scegliere di seguire quel determinato politico…

“Al di sopra del parlamento dunque, vi è un dittatore  di fatto plebiscitario  che […] trascina dietro di sé le masse… Come si svolge dunque la selezione di questo capo? E in base a quali capacità? E’ in questo caso soprattutto decisiva la potenza del discorso  demagogico. Si può con buone ragioni definire l’attuale situazione come una dittatura che si fonda sullo sfruttamento dell’emotività delle masse”. 

Max Weber

Questo non è però l’unico utilizzo politico della retorica. 

Si fa ricorso ad essa anche per giustificare il proprio operato di fronte al popolo o ad altre istituzioni o nazioni, a volte cercando di  distogliere la loro attenzione  da ciò che realmente sta succedendo. La retorica può essere un’arma sottile, da cui pochi sanno difendersi; come scritto da Machiavelli:

“E li uomini in universali iudicano più  alli occhi che alle mani; perché tocca  a vedere a ognuno, a sentire a pochi; ognuno vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu sé”.

Machiavelli

In questo articolo verranno evidenziati alcuni episodi interni alla Guerra del Peloponneso nei quali l’uso della retorica è risultato determinante.  

Pericle e la guerra del Peloponneso: Il ruolo della retorica

In questo articolo verranno presi in considerazione tre discorsi di Pericle presenti all’interno dell’opera “La Guerra del Peloponneso” di Tucidide. 

Tale opera è la cronaca da parte dello storico ateniese della guerra del Peloponneso; per cui l’autore è considerato da alcuni il primo storico della storia, titolo che si contende con Erodoto, ma ciò non sarà oggetto dell’attuale questione.

Benché sia un’opera avente argomento bellico(la crudele guerra tra Atene e Sparta)  non è la cronaca delle battaglie considerata fulcro dell’opera. Tucidide ha infatti molta cura nel riportare i discorsi politici, in specie quelli di Pericle, che per egli hanno un grande valore storico .

Tale fatto è anche legato al carattere pragmatico della storia per l’autore: dal momento che riteneva che la natura umana fosse immutabile (carattere tipico del  realismo politico),  credeva che lo studio della storia ed in particolare delle dinamiche politiche celate dietro ai discorsi dei politici fossero utili per la formazione degli aspiranti politici.

Dunque i suoi sarebbero stai consigli validi per l’eternità. Da qui l’importanza di saper analizzare i discorsi e saperli riprodurre a propria volta, sfruttando a proprio vantaggio il grande potere che ha la retorica in ambito politico.

Pericle è il più grande esempio riportato da Tucidide a prova di questo grande potere. Saranno ora analizzati tre diversi discorsi di Pericle. Il primo discorso è tratto dai capitoli 139-144 del primo libro. Prima di analizzarlo è opportuno delinearne il contesto, per riconoscere il suo valore.

La guerra in tale momento non era ancora cominciata, e gli spartani avevano inviato ad Atene dei diplomatici, per intimare loro di abrogare il decreto nei confronti della città di Megara. Tale decisione era cruciale per le sorti di quell’area geopolitica: il rifiuto avrebbe senza dubbio causato la guerra tra le due potenze.

Gli spartani, minacciando di dichiarare guerra, miravano a minare poco a poco l’imperialismo ateniese, che essi vedevano come una gravissima minaccia. Stanno quindi tentando di salvare la loro potenza ricattando Atene, minacciando la guerra per convincerli a rinunciare al loro impero.

Tale condizione per Pericle è inaccettabile, ed intende convincere i suoi concittadini a dichiarare guerra, e il mezzo che egli utilizza per fare ciò altro non è che un discorso all’assemblea.

La sorte di un’intera area geopolitica dipende ora dalla potenza delle parole di Pericle, con le quali egli tenta di condizionare i pareri della popolazione a proprio piacimento. Aristotele stabilisce nel primo libro della Retorica,(cap. 3),  la divisione dei discorsi retorici in 3 tipologie: deliberativo (che ha lo scopo di consigliare o sconsigliare decisioni future), giudiziario(che giudica azioni passate) ed epidittico(volto all’elogio o al biasimo).

Questo discorso è innegabilmente deliberativo. ruota tutto intorno ad una decisione che si dovrà prendere: dichiarare guerra oppure no. Da notare il fatto che Aristotele  citi tale tipo di decisione, quella tra guerra e pace, tra i principali 5 tipi di argomenti di un discorso  deliberativo. Aristotele scrive poi nel quarto capitolo del primo libro (1360 a) che

“Per quanto riguarda la guerra e la pace, occorre conoscere la potenza della città[…] inoltre, come ha combattuto le guerre, ed è necessario che si conoscano queste cose anche delle città limitrofe “ .

Aristotele

Questi temi saranno presenti all’interno del discorso, l’analisi razionale di Pericle  punterà proprio nella descrizione di tali aspetti, ma prima di trattare tale aspetto  sono necessarie delle considerazioni preliminari.

Emblematica è la modalità nella quale Tucidide introduce Pericle nel cap 139. Egli viene presentato dall’autore come

“ il primo degli ateniesi, uomo di grandi capacità nella parola e nell’azione”.

Tucidide

E’ quindi lo stesso Tucidide a mettere in risalto da subito le grandi capacità oratorie di Pericle,  facendo inoltre risaltare come tale caratteristica fosse molto  legata  al suo successo politico: appena dopo aver affermato che fosse il primo cittadino, fa riferimento alla sua abilità  retorica, delineando un chiaro rapporto causale.

Dopo aver fatto questa considerazione, si passa ora al dialogo vero e proprio. Esso non sarà qui analizzato nella sua interezza, ma verranno sottolineati alcuni aspetti retorici molto interessanti, tramite alcune considerazioni stilistiche e contenutistiche, tramite il confronto tra questo discorso e le caratteristiche tipiche della retorica.

In  Pierre Hadot, «Filosofia, dialettica e retorica nell’antichità» pag. 147/48 vengono definite quelle che per Aristotele  erano le analogie e differenze tra dialettica, filosofia e retorica. Ora, si trascuri questo aspetto, che non è rilevante in questa sede: non si consideri il rapporto tra di esse, ma le caratteristiche della retorica  qui espresse.

Secondo Aristotele (da “Retorica”), la retorica presuppone una fase iniziale di conflitto, ossia una questione avente delle possibili risposte tra loro contrarie. Lo scopo del retore è convincere il proprio uditorio ad accettare la propria posizione in merito. La situazione in cui si trova Pericle nel capitolo 140 del primo libro è esattamente questa: il problema è la dichiarazione o meno della guerra, e lo scopo di Pericle è quello di persuadere il suo pubblico, ovvero i cittadini presenti all’assemblea, che tale decisione è quella migliore.

Tornando ad Hadot, viene affermato a pag. 149 che, secondo Aristotele il retore  per convincere il proprio uditorio  debba partire da convinzioni da esso condivise, da opinioni già  consolidate all’interno del pubblico,  nozioni comuni da loro accettate,  in modo tale da avere una solida base di partenza. Se si torna a leggere il discorso di Pericle, ci si accorge che egli utilizza due nozioni che hanno queste caratteristiche: la maggiore ricchezza e la maggiore potenza navale rispetto ai Lacedemoni.

Il suo intento è utilizzare queste due convinzioni come argomenti per affermare e convincere il suo pubblico delle grandi possibilità di vincere, in caso di guerra contro Sparta. Queste nozioni sono alla base di varie argomentazioni, ribadite più e più volte, in modo da influenzare ulteriormente il pubblico.

Ora saranno riportati degli esempi di quanto affermato precedentemente, facenti parte dei capitoli sopra citati dell’opera,per dare l’idea della loro costante presenza e ripetitività

“Quanto alle esigenze della guerra, sappiate che noi non siamo inferiori. I peloponnesi lavorano la terra da soli e non posseggono denaro. Ma soprattutto saranno impediti dalla loro mancanza di denaro.   Non sarà facile che raggiungano l’abilità marinara. Grande cosa infatti è il dominio del mare”. 

Pericle (tramite Tucidide)

Queste nozioni di base sono utilizzate per spiegare in maniera razionale, dettagliata e convincente la grande superiorità di Atene, in modo tale da persuadere la parte razionale della mente di coloro che ascoltano.

A partire da esse infatti, l’argomentazione considera alcune variabili ed è ricca di dettagli, al fine di dimostrare che tutte le circostanze sono favorevoli, e che la superiorità è effettiva, e non solo supposta.

Gli esempi sono quindi fondamentali nell’atto di persuadere, e tentano di colpire la parte razionale delle menti dell’uditorio.

Come sostenuto da Roland Barthes nell’atto di descrivere l’inventio, ovvero la scelta da parte del retore degli argomenti da utilizzare per persuadere il pubblico, questi si dividono  in due grandi tipologie: quelli razionali che mirano a convincere, e quelli che mirano a commuovere.

Ora, si consideri la prima categoria. Per convincere, è necessario fornire delle prove (Probatio).  In questo caso, la prove utilizzate sono riconducibili a degli argumenta, ovvero un particolare tipo di deduzione non scientifica ma retorica.

A partire da dei principi primi, ovvero in questo caso la ricchezza e la forza della flotta, vengono dedotte delle conseguenze verosimili, sotto forma di un racconto di finzione ma molto verosimile, perché parla di scenari non difficili da immaginare per il pubblico.

Ad esempio, nel capitolo 141, 

“I Peloponnesi lavorano la terra da soli e non posseggono denaro”.

Pericle (tramite Tucidide)

Questa è la premessa, il punto di partenza, dato per assodato. Da esso vengono dedotte una serie di conseguenze razionali. 

“Sono inesperti di  lunghe e transmarine, perché la povertà li costringe a farsi guerra tra di loro solo per breve tempo. Costoro non possono inviare frequentemente eserciti, perché dovrebbero star lontani dai loro possessi privati. Coloro che lavorano personalmente la terra sono più disposti a combattere sacrificando la loro vita che il loro denaro, perché questa confidano che possa salvarsi , mentre questo non sono sicuri di non vederlo esaurito prima della fine della guerra. Saranno impediti dalla loro mancanza di denaro, giacché i contributi sono lenti, e in guerra le occasioni favorevoli  non aspettano”.

Pericle (tramite Tucidide)

Per concludere, per dimostrare l’importanza del dominio del mare, Pericle nel paragrafo 4 del capitolo 143, descrive la situazione ipotetica nella quale l’esercito spartano invade via terra l’Attica e la flotta ateniese invade il Peloponneso.

“Se verranno con un esercito di terra contro il nostro paese, noi andremo con la flotta contro il loro, e saccheggiare una parte del peloponneso non sarà più equivalente al saccheggiare tutta l’Attica, perché loro non potranno  prendere in sostituzione un’altra terra senza combattere, mentre noi abbiamo molta terra nelle isole e nel continente. Grande cosa è infatti il dominio del mare”.

Pericle (tramite Tucidide)

Qui viene anche accennata l’importanza che ha l’impero per Atene, che verrà trattata più avanti nel corso di questo articolo. Gli argomenti razionali che mirano a convincere non sono i soli argomenti presenti in questo discorso, anche se numericamente predominanti.

E’ importante anche la presenza di argomenti che mirino a commuovere. Essi da soli non sarebbero sufficienti senza le prove razionali, ma sono rilevanti  per dare forza al discorso.

E’ evidente che il politico Pericle dia molta importanza ai fatti e alla razionalità, ma come detto  da Weber a pag 118 (ne “La politica come professione”), seppur in contesto molto diverso, nel quale non ci si addentrerà in questa sede, la politica si fa con la testa, ma di certo non con la testa soltanto.

Sono presenti infatti delle argomentazioni che mirano a commuovere l’uditorio, a sollecitare il loro lato emotivo e a sfruttarlo a proprio vantaggio. Nei capitoli 140/41, Pericle gioca  sulla dicotomia paura/coraggio-orgoglio.

Sta dicendo al pubblico che se cederanno subito, dimostreranno di avere paura, di essere persone pavide, mentre rifiutando con decisione si avrebbe l’orgoglio di essere trattati da pari. Invita i suoi a non cedere ad alcun pretesto, il quale sarebbe segno di debolezza e paura.

Pericle sta cercando di  puntare sull’orgoglio dei cittadini ateniesi, affermando tra le righe che cedere sarebbe dimostrazione di codardia e paura. Ciò che viene detto nel primo paragrafo di cap. 141 mira ad alimentare il senso d’orgoglio degli ateniesi, il fatto di sentirsi di pari importanza e non inferiori rispetto a Sparta.

Accettare in quel modo una simile richiesta sarebbe atto di sottomissione, il che è inaccettabile, dato che la loro rilevanza è pari. Questo discorso legato a paura e coraggio si lega alla concezione della storia di Tucidide.

In essa, l’azione umana è uno dei tre fattori che guida il divenire logico, insieme a caso e necessità.  Le emozioni provate  influenzano le azioni umane, perché condizionano gli eventi storici: spesso alcuni fatti succedono in buona parte a  causa della paura. 

Anche l’ultimo argomento usato nel discorso mira a toccare lo stesso tasto, in maniera assai potente. Viene infatti paragonata la loro situazione a quella dei loro avi che combatterono circa un secolo prima la seconda guerra persiana. Essi non avevano la potenza che in quel momento Atene aveva, ma lasciarono tutto e partirono per la guerra, e

“Più con coraggio che con potenza riuscirono a sconfiggere i persiani.”

Pericle (tramite Tucidide)

Egli incita gli ateniesi a non disonorare i padri, che hanno combattuto con coraggio nonostante non avessero i mezzi del loro periodo. Non entrare in guerra con tali mezzi e tale potenza sarebbe un grande disonore nei confronti dei padri, e Pericle tenta quindi di puntare in fase conclusiva del discorso sull’orgoglio patriottico degli ateniesi.

Analizzando la struttura argomentativa, notiamo che gli argomenti che puntano a commuovere sono posizionati nella parte iniziale e conclusiva, mentre la parte centrale è occupata dagli argomenti razionali che devono convincere, e tale struttura è la struttura paradigmatica del discorso retorico.

Pericle alla fine raggiunge il suo obiettivo, ovvero la dichiarazione della guerra, e questa è una grande dimostrazione di quanto la retorica abbia avuto una notevole influenza nel destino della città di Atene e di quell’intera area.

L’epitaffio di Pericle

Ora verrà analizzato l’epitaffio, ovvero il discorso pubblico di Pericle tenuto nel 430 a.C. Esso, tra i tre già citati generi aristotelici dei discorsi retorici, fa senza dubbio parte di quello epidittico.

Di norma l’epitaffio dovrebbe essere semplicemente un discorso nel quale vengono onorati i morti, ma Pericle grazie alle sue abilità retoriche riesce a sfruttare tale occasione come un pretesto per esaltare Atene, il suo impero ed il modello che rappresenta per il mondo greco, e di diventare la voce di Atene.

Ma, come si capirà meglio leggendo poi l’ultimo discorso di Pericle, il modello Ateniese   che ora viene citato all’interno del discorso è solo una costruzione retorica: la democrazia interna si regge sull’imperialismo esterno, sullo sfruttamento delle altre popolazioni.

Anche senza essere rimandati alla parte successiva, già qui sono notabili delle ambiguità per quanto riguarda il concetto di democrazia, ma prima di affermare ciò vanno fatte altre considerazioni. Pericle intende parlare non dei caduti, ma di Atene e del suo impero, e per farlo, come sostenuto da Mauro Bonazzi in “Atene la città inquieta, einaudi editore” a pag 92. 

Egli, secondo Bonazzi, utilizza dei movimenti retorici raffinati per arrivare a parlare di ciò che voleva, ossia del modello ateniese, e non tanto dei caduti. Pericle è abile a

“costruire un rapporto sempre diverso tra l’oratore e il suo pubblico in un continuo gioco di opposizioni e ribaltamenti.”

Mauro Bonazzi

All’inizio del discorso, ovvero il capitolo 35 del secondo libro dell’opera di Tucidide, è presente un opposizione tra l’io di Pericle ed il voi del pubblico.

Egli infatti si distacca da tutti: non solo dal pubblico, ma anche dalle generazioni precedenti e dalla tradizione stessa di tenere un discorso per commemorare i morti.

Tale opposizione si nota fin dalle prime righe di tale capitolo: egli infatti esordisce spiegando cosa facevano gli altri quando dovevano tenere tale discorso, e lo contrappone a ciò che intende fare lui, contro alle loro tradizioni. Egli ritiene infatti che

“Le onoranze funebri fossero  dimostrate coi fatti[…] e mi sembra anche bene che il credere nell’eccellenza di molti uomini  non debba dipendere  da un uomo solo, a seconda che costui parli bene o male. “

Pericle (tramite Tucidide)

Egli contesta il fatto di far dipendere l’onore di un caduto dalle abilità retoriche di un singolo, anche perché il pubblico è eterogeneo: si divide tra coloro che conoscono i fatti della guerra, gli esperti, e quelli che non li conoscono, gli inesperti.

I primi potrebbero pensare che i toni dell’elogio siano troppo bassi, mentre i secondi potrebbero pensare ad esagerazioni a causa della loro invidia.  Per superare questa opposizione con il pubblico, intende unirsi con il pubblico prendendo le distanze dalle generazioni precedenti, mutando di conseguenza la contrapposizione io/voi in una  contrapposizione noi/loro.

Il noi è l’unione compatta, come un solo uomo, di retore e uditorio, il loro sono talvolta le generazioni precedenti, talvolta le città nemiche.

Tale alterazione del rapporto oppositivo avviene all’interno del capitolo 36 del secondo libro. All’inizio del capitolo, Pericle comincia come da tradizione con l’elogio agli avi, ovvero i primi abitanti di Atene, coloro che

“Restando sempre i medesimi  abitatori di questa terra, in un seguito ininterrotto di generazioni, , grazie al loro valore, la tramandarono libera fino ai giorni nostri”.

Pericle (tramite Tucidide)

Si nota come, nonostante l’elogio agli avi sia messo in apertura, esso è molto breve, come fatto notare anche dal professor Giulio Azzolini. 

Si passa infatti subito dopo all’elogio ai padri, coloro che hanno sconfitto i Persiani e fondato l’impero Ateniese.

“ E se i nostri antenati sono degni di lode, ancora di più lo sono i nostri padri”.

Pericle (tramite Tucidide)

Come sostenuto da Bonazzi (riprendendo gli studi di Hermann Strasburger), negli epitaffi precedenti la ricostruzione del passato mirava a presentare gli ateniesi come salvatori della Grecia, che dopo le guerre persiane dovettero, seppur riluttanti, il compito di guide politiche ed economiche dell’area.

Pericle ribalta tale costruzione ritenendola riduttiva, rendendo invece l’immagine di un’Atene fiera della sua grandezza, e presenta la loro generazione (Pericle ed il pubblico) come coloro che sono gli artefici del suo massimo sviluppo .

“Ma l’ampliamento dell’impero stesso è opera nostra, di tutti quanti noi che abbiamo  ingrandito la nostra città”

Pericle (tramite Tucidide)

In questo modo, la logica dell’elogio è rovesciata, Pericle ha ribaltato la tradizione che intende presentare Atene come la città  che ha dovuto sobbarcarsi il peso di essere grande, rendendola fiera della sua grandezza, ed in questo modo è riuscito a fondersi con il pubblico, si noti infatti il noi generazionale presente nella citazione.

Dato che si è ottenuta questa fusione, Pericle ritiene inutile parlare delle imprese belliche che hanno reso grande la città, perché è sicuro che tutti le conoscano. La sua intenzione è diversa: egli intendeva fin dall’inizio parlare di Atene e del suo modello, dei principi che stanno dietro alla sua grandezza.

In realtà, si vedrà in questo progetto come l’immagine che presenta Pericle di Atene sia una costruzione retorica, non una realtà effettiva. Secondo Tucidide infatti, nei discorsi è importante non solo ciò che viene detto, ma anche ciò che non viene detto, ciò che rimane implicito, ma lo si vedrà successivamente.

Nei capitoli successivi è  presente un aspetto importante sotto il punto di vista della retorica, ovvero come si  possa mascherare quello che di fatto era un principato, il governo di Pericle, in modello della democrazia.

Nel capitolo 37, Tucidide è volutamente ambiguo nel riportare il discorso di Pericle. Quella che agli occhi del pubblico, dei più, appare come un’esaltazione del modello democratico, presenta degli aspetti che lasciano intendere diversamente agli esperti, a che non si ferma all’apparenza.

Quindi, questo discorso ha una doppia possibile lettura, indirizzata a due uditori diversi. In ogni caso, è bene analizzare il testo con attenzione.  Le prime 3 righe del capitolo vogliono esaltare il fatto che il modello ateniese si assolutamente originale, paradigmatico, che non prende esempio da altre città, ma che è invece d’esempio alle altre città. 

Pericle suscita qui e nelle righe successive l’impressione di descrivere e di elogiare il sistema politico democratico, ma in realtà ne prende velatamente  la distanza, e questo la maggior parte del pubblico in ascolto non è in grado di capirlo: egli si sta distanziando di fatto dalla democrazia facendo credere la gente di esaltarla, con grande perizia retorica.

Per cominciare, l’uso del termine democrazia è un uso molto particolare. Il termine democrazia nell’antica Grecia era usato dai suoi avversari: deriva dall’unione di due parole greche, demos e kratos. Demos significa popolo, e Kratos è il potere inteso come potere violento. La democrazia era quindi conosciuta di norma come potere del popolo.

Pericle invece non la definisce come governo del popolo, ma come governo della maggioranza, governo di qualcuno nell’interesse di qualcun’altro:

”la parola che adoperiamo per definire il nostro sistema politico è democrazia, per il fatto che nell’amministrazione esso si qualifica non rispetto ai pochi, ma rispetto alla maggioranza”.

Pericle (tramite Tucidide)

La definizione di Pericle è ambigua, lascia spazio a due possibili interpretazioni: può essere o la condizione nella quale il leader guida la maggioranza, oppure è la maggioranza a guidare un leader.

Secondo Tucidide, Pericle era  un principe democratico, e tale giudizio si nota esplicitamente alla fine del terzo discorso, che sarà trattato successivamente. Lasciando ora da parte questa definizione ambigua, che sembra descrivere la democrazia diretta ma che può essere anche interpretata come un leader che guida la maggioranza(come di fatto succedeva), ci si concentrerà su altri aspetti.

Un obiettivo della descrizione di Pericle non è quello di descrivere come stanno realmente le cose, ma di motivare i propri cittadini alla guerra contro Sparta, si tratta di una retorica d’apparato che mira ad esaltare i costumi e i valori ateniesi per porre Atene come il modello della democrazia in contrapposizione all’oligarchia spartana.

Non intendeva quindi  descrivere la reale Atene, ma di esaltarne i valori ideali e renderla un modello. La retorica è molto utile per giungere a tale fine, e Pericle dimostra di essere un abile oratore anche in questa occasione.

Implicitamente, viene esaltato il potere della retorica all’interno del primo  paragrafo. Egli afferma che , in ambito pubblico,

“ciascuno è preferito a seconda del suo emergere in un determinato campo”.

Pericle (tramite Tucidide)

Qui Pericle sostiene che ad Atene viene premiato il valore in ambito pubblico. Considerato che ad Atene l’assemblea era il teatro delle decisioni politiche e coloro che contavano in assemblea erano coloro che  avevano grandi capacità retoriche e persuasive, era questo il valore che permetteva di emergere ad Atene, e Pericle ne è un esempio molto efficace: deve molto alle sue abilità retoriche.

Nel proseguimento del testo, Pericle continua a descrivere il modello ateniese ed i suoi valori ideali, come la tolleranza nei confronti dei costumi e l’amore per il bello, per la libertà e per l’agio . Tutta questa costruzione retorica nasconde alle sue spalle il più selvaggio imperialismo, lo si noterà nel terzo discorso.

Nella parte finale dell’elogio, capitolo 43, 44, 45 esalta il coraggio dei defunti, per spingere i concittadini a continuare a combattere. Qui Pericle intende persuadere che morire per difendere i valori descritti nelle pagine precedenti sia un’azione molto eroica. Tale considerazione permette di comprendere ancora meglio il grande elogio riservato al modello ateniese: motivare le sue truppe a continuare a combattere con foga, rendendole fiere dei valori che rappresentano.

“E voi, prendendo come esempio costoro  e considerando felicità la libertà e libertà il coraggio, non temiate i pericoli della guerra. […]più dolorosa è la sventura che sopravviene con la viltà, che una morte non dolorosa accompagnata dal valore e della speranza comune ”

Pericle (tramite Tucidide)

Tale argomento è molto diffuso nella retorica bellica, in ogni tempo ed in ogni luogo. Convincere i propri uomini che si sta combattendo per difendere un valore ha sempre avuto infatti un enorme effetto sulle masse.

Pericle continua il suo elogio all’inizio del capitolo 44

” più che compiangere, io consolo i genitori dei caduti.[…]la felicità si  ha quando si ottiene più nobile, come costoro(i morti) o il più nobile dolore, come voi, e quando la vita è misurata dall’essere felici e contemporaneamente morire. “

Pericle (tramite Tucidide)

Riassumendo, l’abilità retorica ha consentito a Pericle di passare dal parlare dei defunti a parlare di Atene, costruire un modello valoriale fittizio in modo da mascherare molto abilmente un principato in democrazia, per poi usare questi stessi valori per motivare il popolo in guerra.

Terzo discorso di Pericle.

Alcuni mesi dopo l’elogio funebre, la situazione ateniese era a dir poco disastrosa: la popolazione era stanca della strategia di Pericle.

Tale strategia era quella di chiudere tutta la popolazione in città, lasciando campo libero agli Spartani sulla terraferma, concentrandosi sul mare.

Inoltre, era appena scoppiata una rovinosa epidemia di peste in città, rendendo la popolazione ancora più infuriata con Pericle, reo di averli persuasi a combattere. Essi intendevano ritirarsi dalla guerra.

Egli decise quindi di tenere un altro discorso, con lo scopo di modificare l’umore della massa, spingendola a continuare e a smettere di protestare.

La retorica infatti è psicagogica, in grado di cambiare e controllare gli umori della massa. Max Weber scrive a pag 90 di <<La politica come professione>>

“Al di sopra del parlamento dunque, vi è un dittatore  di fatto plebiscitario  che […] trascina dietro di sé le masse… Come si svolge dunque la selezione di questo capo? E in base a quali capacità? E’ in questo caso soprattutto decisiva la potenza del discorso  demagogico. Si può con buone ragioni definire l’attuale situazione come una dittatura che si fonda sullo sfruttamento dell’emotività delle masse”.

Max Weber

Weber ha descritto in tale citazione  la democrazia plebiscitaria del ventesimo secolo, ma tale descrizione si adatta molto efficacemente anche a tale situazione: Pericle per mantenere il potere(di fatto è tutto nelle sue mani)tende a  sfruttare e controllare l’umore delle masse a suo vantaggio, ed è ciò che tenta di fare anche in tale occasione.

L’esito di tale tentativo sarà positivo, ma lo si vedrà alla fine. Prima di cominciare ad analizzare il discorso, è importante notare come la collocazione in un genere di questo discorso non sia lineare e semplice: mentre i due precedenti erano inequivocabilmente determinabili, questo discorso potrebbe definirsi sia giudiziario, perché Pericle intende mostrare la propria innocenza riguardo alle accuse al lui rivolte, sia epidittico, perché sta biasimando notevolmente la condotta del proprio pubblico. Detto ciò, l’analisi può avere inizio. 

 Il fatto che Pericle intenda modificare e controllare i sentimenti altrui è reso esplicito dall’opera, cap 59 libro 2:

“volle incoraggiarli, e distogliendo l’ira dalle loro menti, volgerli a sentimenti più miti e fiduciosi.”

Pericle (tramite Tucidide)

Tale discorso utilizza un tono duro, non di biasimo, e tale scelta sarà analizzata in fase conclusiva. Non si tratta quindi di una persuasione incentrata sull’elogio,come lo erano per lo più le precedenti, ma sulla vergogna e sul biasimo.

Il pubblico viene attaccato e non elogiato, ma alla fine il risultato sarà lo stesso: un buon oratore sa quando adulare e quando essere duro, deve saper usare il linguaggio giusto adattandolo al contesto, e Pericle ha una certa abilità in tale aspetto, i suoi risultati parlano per lui.

In ogni caso, analizzando il testo   viene reso esplicitamente noto l’intento di biasimo di Pericle, cap. 60.

“Per questo ho convocato l’assemblea, per ricordarvi alcune cose e per biasimarvi se senza motivo vi adirate con me o cedete alle disgrazie”

Pericle (tramite Tucidide)

Pericle intende accusare i cittadini di pensare solo al proprio bene pubblico e non al bene collettivo. Tale fatto era indice di una divergenza tra interesse pubblico ed interesse privato, cosa molto dannosa per il sistema ateniese.

“Come si può non aiutare la città tutti insieme e comportarsi all’opposto di voi?”

Pericle (tramite Tucidide)

La divergenza tra la massa ed il leader politico è lo specchio dei problemi vissuti in quel momento: la città era priva di armonia. Accusa anche i cittadini di accusarlo perché ritengono egli li abbia spinti alla guerra:

“Accusate me che vi ho spinto alla guerra, ma dovreste accusare voi stessi che insieme a me l’avete decisa”

Pericle (tramite Tucidide)

In questa fase Pericle tenta di mettere sulle spalle dei suoi concittadini il peso dell’entrata in guerra, ma tale argomento non sarà decisivo. E’ vero che essi sono colpevoli perché si sono lasciati convincere, ma è sempre vero che è stato Pericle a convincerli.

Un’argomentazione molto più convincente sarà aggiunta nel capitolo 61. Prima di analizzarla, da notare prima un interessante aspetto dal punto di vista della retorica, nella parte conclusiva del capitolo 60. Nell’elencare le proprie qualità di grande uomo politico, un elemento che risalta è la sua grande arte oratoria, che gli permette di persuadere la popolazione.

“Giacché chi  sa prendere le buone decisioni, ma non le espone, è alla pari di chi non ci ha mai pensato”.

Pericle (tramite Tucidide)

Tale dote quindi è considerata fondamentale da Pericle: non basta saper prendere le decisioni corrette in ambito pubblico, bisogna saper persuadere gli altri e convincerli del loro valore.

Dato il tema dell’articolo ci si è concentrati su questo aspetto. Le altre due qualità erano il saper prendere decisioni adatte al bene pubblico e l’incorruttibilità. Tutto questo elenco gli serve per affermare, in conclusione del capitolo,

“Se anche solo per un poco avete creduto che queste qualità io le possedessi più di ogni altro, e se vi siete lasciati convincere ad entrare in guerra, ora non è giusto che io sia accusato di avervi fatto un torto. “

Pericle (tramite Tucidide)

Nel capitolo successivo viene, come anticipato, introdotto un argomento più potente. Pericle intende qui persuadere la massa circa la necessità della guerra. Necessità è qui da intendersi come inevitabilità. Riuscendo a dimostrare l’inevitabilità della guerra, Pericle toglierebbe da sé stesso ogni responsabilità.

Questa guerra inoltre, va ricordato, per Tucidide è  sta effettivamente inevitabile: per lo storico Ateniese, due potenze non possono convivere a lungo pacificamente nella stessa area geografica. 

Pericle afferma che sarebbe da sciocchi fare la guerra se fosse possibile scegliere la pace, ma

“Se è necessario, o cedere subito ai vicini e obbedire, o affrontare i pericoli ed avere la meglio, chi evita il pericolo  deve essere rimproverato più di chi lo affronta. “

Pericle (tramite Tucidide)

Era necessario entrare in guerra per conservare la propria libertà, ed approfitta qui per biasimare coloro che intendono ritirarsi. Accusa il popolo di avere cambiato idea. Essi si erano lasciati persuadere in tempo di pace, quando erano sani, ma pentiti una volta subito il danno.

L’intento retorico di Pericle è quello di suscitare vergogna nel pubblico, dimostrare la loro debololezza ed insicurezza. E’ un tentativo indiretto di risvegliare l’orgoglio degli ateniesi, e questo è solo un esempio di ciò che è stato sostenuto precedentemente: la retorica mira a modificare ed a sfruttare l’umore per ottenere situazioni vantaggiose per l’oratore.

Tale risultato si ottiene talvolta elogiando, talvolta biasimando, a seconda della circostanza. Nel paragrafo 4 dello stesso capitolo,  è ancora più evidente il tentativo di attaccare l’orgoglio del   proprio uditorio per causare vergogna e spingerlo ad un comportamento differente.

Essendo cresciuti in una grande città, essendo cresciuti con i valori già accennati nell’epitaffio, ed essendo padroni di una grande potenza, gli ateniesi devono fare i conti con la propria fama: comportandosi in maniera vigliacca ed indecorosa, sarebbero fortemente biasimevoli. 

“Giacché abitate in una grande città,[…]dovete essere disposti  ad affrontare le più grandi disgrazie, a non oscurare la considerazione di cui godete”.

Pericle (tramite Tucidide)

Pericle accusa poi le masse di non avere le giuste priorità: esse sono indignate perché temono di perdere il loro utile personale, e lui invece era ben consapevole che la condizione di tutte quelle ricchezze personali fosse l’impero.

Pertanto, ritiene che  la rabbia e la paura dei concittadini riguardo i loro affari privati fosse infondata. Dimostrando l’indipendenza del pubblico sul privato, si dimostra l’inadeguatezza delle loro proteste.

Se fino ad ora gli argomenti avevano lo scopo di suscitare emozioni, questa parte è quella più imponente dal punto di vista razionale. L’intento di Pericle è dimostrare che è sull’impero che giace il loro benessere, e che è l’impero che deve essere protetto a tutti i costi, non il privato.

Tramite l’esaltazione dell’impero, vuole ridicolizzare le preoccupazioni particolaristiche del popolo. Vengono contrapposti due elementi, il primo viene esaltato, ossia l’impero:

“Voi credete di comandare solo ai vostri alleati, mentre io vi mostro che,di due parti che si aprono allo sfruttamento umano, la terra e il mare, dell’una voi siete i signori assoluti(nell’estensione che ha l’impero) e non vi è nessuno che possa trattenervi quando voi navigate con tutta la vostra potenza marittima”

Pericle (tramite Tucidide)

Il secondo elemento viene invece ridicolizzato, viene presentato come nullo nei confronti di quella enorme potenza.

Le case e ed i campi privati vengono paragonati a “un giardinetto o un oggetto di lusso.”

Subito dopo, rende esplicito il collegamento tra la libertà e l’impero, l’una dipende dall’altro: senza impero, la libertà non è che un dileguarsi. Una volta perso l’impero, gli Ateniesi per Pericle diventerebbero sudditi di altri, e qui torna l’argomento psicologico della vergogna, del confronto con gli avi che si sono battuti per la libertà.

Verso la fine del capitolo, rimarca il fatto che la coscienza della propria superiorità non si basa sulla speranza,

“ma piuttosto a una valutazione che deriva dai mezzi che si hanno a disposizione.”

Pericle (tramite Tucidide)

Si noti una grande alternanza e mescolanza di elementi razionali ed elementi psicologici, per ottenere una persuasione molto profonda e completa sotto tutti i punti di vista:in poche righe riesce a far vergognare il pubblico per il suo comportamento, e ricordare come la loro superiorità nei confronti di Sparta sia fondata razionalmente.

Ora, è importante soffermarsi sul tema della correlazione tra impero e libertà, che viene approfondita nel capitolo 63. Di fatto, in questo punto viene svelata una verità tenuta nascosta tempo prima nell’epitaffio,e parte di quella costruzione retorica viene smantellata .

Erano stati esaltati i valori della democrazia ateniese, della loro cultura, della libertà e dell’agio, ma in tale capitolo viene reso esplicito come tali valori posino la loro condizione di sussistenza sulla schiavitù di altri popoli e sull’imperialismo crudele.

Questo elemento è molto importante: viene qui svelato dallo stesso Pericle, che in passato aveva esaltato la democrazia ateniese (seppur in maniera ambigua) nell’epitaffio, che in realtà l’impero ateniese è una tirannide, almeno dal punto di vista delle città dominate.

In questa parte del discorso l’intento di Pericle non è quello di nascondere il fatto che tale modalità sia ingiusta, ma vuole persuadere i suoi concittadini a continuare con tale comportamento, allo scopo di preservare la propria libertà. Intende infatti dimostrare che se la smettessero di essere una potenza tirannica, perderebbero l’impero e quindi diventerebbero facilmente sudditi di un’altra potenza.

Prima la costruzione retorica voleva mostrare Atene come modello di democrazia, ora questa nuova costruzione star proponendo un rovesciamento dei valori. L’onestà e la giustizia nei confronti degli altri popoli sono presentate come una debolezza: se vuoi essere giusto, sei destinato ad essere schiavo.

Per conservare la libertà, devi essere pronto a governare in modo che potrebbe sembrare ingiusto, ma sul quale si fonda il proprio benessere. Pericle intende convincere i suoi cittadini a seguire questa strada anche se potrebbe parere ingiusta, perché tale strada gli permette di esseri liberi.

La potenza e la violenza vengono posti come fondamenti per la libertà interna e per la pace interna. In tal modo si potrebbe arrivare ad una particolare interpretazione, adattata a questa situazione, di uno degli slogan del Grande Fratello, di “1984, George Orwell”. tale motto recita “La libertà è schiavitù”. Qui, la situazione è del tipo” La libertà degli ateniesi è schiavitù dei popoli sottomessi”

Facendo riferimento al capitolo 63, verrà ora analizzata tale costruzione.

“Dal comando voi non potete più tirarvi indietro,anche se qualcuno , spaventato dalla vostra situazione, per ignavia vorrebbe farlo, sostenendo la parte dell’uomo onesto”

Pericle (tramite Tucidide)

L’onestà viene subito presentata come negativa in questo contesto, come derivante dalla paura e dall’ignavia. tipico esempio di rovesciamento valoriale.

“Voi possedete in questo potere quasi una tirannide: esercitarlo può sembrare ingiusto,  ma abbandonarla pericoloso”

Pericle (tramite Tucidide)

Viene esplicitata la dimensione tirannica del potere ateniese. Inoltre, dicendo che abbandonare tale strada è pericoloso, tenta di far leva sulla paura degli ateniesi, per fare in modo che superi la loro morale.

Vuole poi dimostrare che la morale debba stare fuori dalle considerazioni di un politico: spesso si è costretti a fare scelte considerate prive di morale per ottenere un vantaggio proprio o per la propria gente.

Un politico non deve farsi bloccare dalla morale per ottenere i suoi scopi: il modo nel quale hanno agito Pericle e gli ateniesi è la dimostrazione effettuale di queste affermazioni.

Nella fase finale del capitolo rimarca il fatto che comportandosi in maniera moralmente onesta si arriverebbe alla rovina ed alla schiavitù della città di Atene. Qui la retorica di Pericle è molto penetrante nell’atto di persuadere gli ateniesi a non pensare alla giustizia o alla morale, ma al loro benessere ed alla loro potenza.

Nel capitolo successivo, Pericle attacca nuovamente il popolo, reo di incolparlo per la pestilenza, deridendolo dicendo che se vogliono fare ciò, devono farlo a patto di

“che voi mi attribuiate  anche il merito dei successi inaspettati”

Pericle (tramite Tucidide)

l’ironia periclea mira a ridicolizzare le accuse a lui mosse, facendo risaltare la loro stupidità. Nel paragrafo 5, c’è un ulteriore esempio del rovesciamento valoriale che la costruzione retorica periclea vuole diffondere.

“Adesso, l’essere odiati e il  destare inimicizie tocca a tutti quelli che vogliono dominare sugli altri, ma chi attira  l’invidia per ottenere gli scopi più grandi decide saggiamente. L’odio infatti non dura molto, mentre resta eterna la celebrità nel presente e la gloria nel futuro”

Pericle (tramite Tucidide)

Dopo aver tentato precedentemente di puntare sulla paura, sulle conseguenze dell’abbandono dell’imperialismo, si punta sul suscitare il loro orgoglio, la loro  ambizione. Lo spettro emotivo su cui Pericle ha agito nell’arco di questo discorso è evidentemente molto ampio.

Ora, sarebbe lecito domandarsi se tale discorso abbia avuto l’effetto voluto. La risposta è evidente, si trova nel paragrafo  4 del capitolo 65

”ma poco dopo, lo rielessero stratego e gli affidarono tutti gli affari pubblici”.

Tucidide

Nel nono paragrafo abbiamo poi la sentenza tucididea sul suo governo:

”Vi era così ad Atene una democrazia, ma di fatto un potere affidato al primo cittadino. “ 

Tucidide

Nell’arco di questo percorso, si è rivelato il grande è vario ruolo che ha avuto la retorica all’interno dei discorsi di Pericle.

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