Il Divenire dell’Ipercoscienza. A cura di Ivan Branco!

divenire

Sono lieto di presentarvi “Il divenire dell’Ipercoscienza”, un articolo scritto dal mio collaboratore Ivan Branco. Che dire, per un grande appassionato di filosofia come me, pubblicare un articolo il cui titolo comincia con “divenire” reca senza dubbio in me grandi emozioni, essendo quello del divenire uno dei grandi temi che la filosofia nei millenni ha dovuto e deve affrontare. Potrei parlare per ore riguardo tale capitale tema, ma parlare ora di mie teorie riguardo il divenire sarebbe assolutamente fuori luogo( se volete saperne di più su questioni legate al divenire, ecco la categoria con tutti gli articoli ad esso dedicati!) , farebbe divenire( scusate il gioco di parole!) secondario il grande lavoro di Ivan.

Non andrò nemmeno ad anticipare più di tanto la tematica trattata, vi lascerò guidare dalle parole di Ivan, in modo da non rubare importanza al suo scritto!

Vi lascio dunque al Divenire dell’Ipercoscienza, senza aggiungere altri commenti! Buona lettura!

Il direttore, Mattia Mandalà

Il divenire dell’Ipercoscienza

Una belva si aggira sulla nostra terra, nel nostro corpo, nel nostro animo e nella nostra mente, un essere che si rivela come estetica e morale della salvezza, come maestro e guida dell’umanità tutta; ed effettivamente che inutile e perfettino dotto pedante che è questo squallido spirito vagante! Un inutile, disprezzatore, distruttore, rachitico che si copre col velo immondo del sapere, della cultura, e ancor peggio dell’amore corporale, il sommo senso del giudizio di ogni uomo, poiché tutto ciò che proviene dalla mente, dalla coscienza, non è altro che pura menzogna; le idee non sono altro che le fosse in cui gli uomini si annidano per continuare a godere della luce del giorno. 

L’illusione del “bello e sublime”, dell’esteta che si ricopre di ghirlande di conoscenza, del dotto che ricerca la purezza di tutto lo scibile umano, di chi anela solamente al guadagno, di chi insomma, ricerca solo ciò che la società e lo stato barbaro accettano per le loro necessità da tiranni senza cervello e amore, ecco cosa porta gli uomini a desiderare la perenne luce del giorno: essi temono le tenebre, dormono quando cala la notte, si coprono quando viene l’inverno, aprono ombrelli e chiudono lo stato quando li colpisce la tempesta! 

Questa massa di normali, di uomini paurosamente (in)differenti alla vita, hanno fatto del loro corpo la legge morale del mondo, della loro etica l’unica forma possibile di vita, delle loro paure e ossessioni tutto ciò che deve essere categoricamente impedito a ogni uomo, affinché possa rimanere bello e sano… 

Ora, che tipo di uomini sono costoro? Che tipo di stato delle cose desiderano veramente per loro, come singoli, e sempre per loro, come collettività? 

Questi uomini racchiudono in loro l’essenza di ogni qualità e di ogni difetto della razza umana, ma qual è l’unico risultato possibile per chi possiede in sé una natura debole e tutti i pesi dell’umanità? O finisce col crogiolarsi di ridicolo, di bassezze immonde spacciandole per ribellione e libertà, finendo quindi per produrre mero esibizionismo senza radici e senza scandali, oppure finisce per essere l’esatto contrario, un uomo a cui non può nemmeno essere mostrato una goccia di sangue o, peggio, delle parole fulminanti, poiché è pienamente (in)conscio di come egli sia troppo “elevato” (sinonimo di schifosamente disonesto e debole) e troppo “morale” (unico briciolo di onestà in tutta questa gente!) per poter essere toccato da questi scandali… 

Essi costituiscono la cosiddetta parte sana del mondo, la parte migliore della loro umanità, ovvero di quella razza che vive con lo sguardo puntano sul quotidiano (in tutti i sensi), che vive di formalità che essi stessi, alla prima occasione socialmente accettabile o di inconscia pazzia (altra differenza che abbiamo con tali esseri…), infrangerebbero, e che portano sempre con loro una specie di autismo perfettino, ingenuo, sadico e malato che li porta a esprimere tutto e il contrario di tutto; ma d’altronde, perché mai dovremmo togliere loro anche quest’unica sostanza e forma di onestà che hanno? L’ipocrisia è l’unico modo che hanno per potersi esprimere con piena sincerità, e ciò che loro chiamano lucidità, coscienza, è l’apoteosi di tutto ciò. 

Il filisteo non pretende il vero, non pretende l’ebbrezza, non pretende le alte, fredde e notturne cime, si accontenta di quello che può ottenere sul momento e da quello che la società richiede e gli offre; la sua coscienza sta tutta qui, non ascolta minimamente il corpo, dà ragione unicamente alle sue idee, alla praticità del vivere da cittadini, e questa massa di gente non si rende minimamente conto di come stiano ammazzando la loro umanità, anzi, meglio ancora, di come la stiano esprimendo fin troppo. 

Ma, fermiamoci un attimo con tutto ciò, e spezziamo un’unica lancia in favore dei grandi “sapienti” moderni e dei poveretti. 

L’uomo incolto, insensibile, ancora troppo occupato a volersi nutrire dei raggi del sole e del suo rilassante e spensierato calore, nasconde in sé un carattere che la maggior parte degli uomini ipercoscienti non possiede: l’uomo stolto, esibizionista, sicurissimo della sua ignoranza e stupidità non si fa alcun tipo di problema nel lanciarsi all’attacco di nuove mete e territori; mentre il solitario si destina a vivere una profondissima notte, costellata da lampi accecanti e sublimi, ma senza mai riuscire a vivere nel pratico e nel reale, finendo solamente per immaginare migliaia di mondi diversi e a vivere centinaia di vite in contemporanea, almeno nella maggior parte dei casi; la minoranza dell’uomo comune, forte del suo spirito intrepido, riesce a far fruttare (e attenzione, non a far maturare) quelle poche e sicurissime capacità che ha riuscendo a diventare un creatore di vita, o quantomeno un creatore di vita all’interno della sua società e vile umanità. 

Ecco, quindi, a cosa si riduce tutto l’esistere di questa maggioranza e di questa minoranza della maggioranza degli uomini: vivere alla giornata, vivere in società e per la società, vivere per egoismo, vivere l’ipocrisia della propria coscienza, vivere indossando sempre abiti diversi e consumarsi a furia di seguire mode e modi d’essere, una società che quindi fa del narcisismo, della menzogna e dell’egoismo il suo collettivismo a cui nessuno deve sfuggire; per i solitari, che siano essi morenti o creatori, non c’è spazio fra le loro fila, per loro esiste solamente la definitiva pena dell’esclusione. 

Che mondo falso, senza contraddizione alcuna, che campa di opinioni e di “liberi pensatori”, di esseri alienati alla religione dell’Idea, che si circonda di decine di santi e profeti della verità: ragione, coscienza, uguaglianza, denaro, consumo, stato, società, gerarchie sociali, libertà di adorare ogni suo feticcio, sia esso socioeconomico, psicologico, spirituale, religioso, ideologico, politico, artistico, filosofico; venite tutti! Tutti sono accolti nel grande mercato dei feticci! Non avete visto come vi servono tutte queste cose? Non vedete come è necessario il vostro lavoro nelle industrie e nei servizi? Non vedete come tutto questo mare di conoscenza vi rende più belli e intelligenti? Non vedete come la solitudine, la paura, l’odio, l’amore e la giustizia sono l’essenza dei disadattati, dei pazzi, di chi vuole solo il Nostro male? Non vi preoccupate! Il mercato, l’economicismo, la morale, la felicità, la società, lo stato, insomma, la nostra ideologia della fine del dolore vi libererà da ogni turbamento e sarete pienamente liberi di esprimervi completamente, senza limitazione alcuna di mezzi economici e morali! Noi siamo una società, una civiltà e un’umanità senza etica (e finalmente l’ha detto qualcosa di vero!)! A che servono le grandi morti e le grandi guerre quando ci bastano pane, giochi e sorrisi per vivere? 

Questa umanità ha raggiunto il massimo grado di normalissima pazzia a cui poteva giungere, disprezza la notte e l’inverno, non chiede altro che un’eterna estate; “la maggior parte della gente non muore che all’ultimo momento; altri cominciano e si prendono vent’anni d’anticipo e qualche volta anche di più. Sono gli infelici della terra”, così il dottor Destouches (in una delle tanti frasi esemplari che si possano prendere) si esprime nella sua più celebre opera sulla condizione ipercosciente di ogni uomo di valore, anzi, di ogni uomo senza valori e qualità, che di tutto si spoglia e si incammina nella nebbia fitta di questa eterna notte, non alla ricerca di gloria e potere, ma spinto proprio dalla bassezza, dal fetore, dal brutto e dal disgustoso, dalla paura, dalle violente convulsioni della contraddizione di chi è pienamente onesto con sé stesso e col mondo e dalla forza, ecco che da questi presupposti gl’individui solitari e martoriati partono per distogliersi dalle mete, ma essi non sono privi di guide, non sono privi di volontà, non sono insensibili, ma più semplicemente hanno raggiunto un grado talmente elevato di ogni qualità e bruttezza dell’umano che, in molti singoli modi, sono riusciti a oltrepassare lo stesso uomo e il suo limitato senso del corpo. 

Qui non si tratta di una bella esposizione del proprio essere, non v’è alcuna infantilità nell’espressione e nel pensiero dell’uomo libero, poiché egli non segue i drammi e le noie del momento, ma cerca di guardare e guardarsi sempre al di là di tutto e tutti, non cerca una via di fuga dalla vita (che sia essa apatica o atarassica) ma ci si immerge con tutto il corpo in questo mare gelido e ne esce purificato da ogni leggerezza; conserva sempre il suo spirito gaio e giocoso, ma ora lo innalza e lo libera da tutto ciò che è infantile, tutto ciò che è morale e strettamente dialettico, diventa così un creatore. 

Ecco dov’è che risiede la più alta forma di arte, di scienza, di forza: nel divenire, nello sguardo puntato sempre in avanti, verso orizzonti e confini sempre nuovi e sempre più maestosi, nulla a che fare con il vivere di desideri del moderno, i sessantottini non hanno minimamente compreso (per totale incoscienza o per malizia) che la loro (falsa) rivoluzione non era altro che il capriccio di potersi semplicemente vestire a modo loro senza esser rimproverati dai vecchi conservatori, essi volevano (così come i loro discendenti) semplicemente un mercato e un borghesismo più al passo coi tempi. 

Una gioventù che si impone il compito di scagliarsi contro i vecchi moribondi siano essi i sistemi su cui si fonda l’attuale assetto sociale, economico e politico europeo e americano; siano individui in carne ed ossa, relitti umani rappresentanti d’un passato a cui non dobbiamo nulla e che ci tiene ancora strettamente incatenati a sé; siano invece tutti i sistemi della grande menzogna metafisica e celeste; sia questo il secolo del ritorno del pensiero sulla terra, della cultura nelle menti, della poesia negli spiriti, e delle visioni nella grandezza e nell’alba dell’avvenire avanguardistico e pionieristico della rinnovata gioventù umana. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.