Heidegger “ripensa” Nietzsche. Articolo Di Luis Rega. Capitolo 1

Heidegger nietzsche ripensa

Sono assolutamente lieto di presentarvi la prima parte di questo articolo di Luis Rega, che ringrazio ora pubblicamente, dal titolo “Heidegger ripensa Nietzsche”. Si tratta di un articolo decisamente denso, pertanto stavolta non ruberò molto tempo come al solito!

Buona lettura!

Il direttore, Mattia Mandalà

Heidegger “ripensa” Nietzsche.

L’articolo prende avvio dall’analisi di un testo riguardante un corso di filosofia tenuto da Heidegger nell’anno 1944-1945, dal titolo “Introduzione alla filosofia, Pensare e poetare”. Considereremo la traduzione di Vincenzo Cicero.
Heidegger prima di dialogare col pensiero nietzschiano all’inizio del testo evidenzia come sia impossibile una intro-duzione nella filosofia per qualsiasi uomo, dato che la parola stessa (conduzione all’interno) implica lo stare fuori del destinatario a cui si riferisce mentre l’uomo, poiché vive e pensa il suo tempo e si riferisce tanto nel linguaggio quanto nel pensiero a termini filosofici (spazio, tempo, essere ecc) è già un filosofo in senso lato, in quanto essere che ripensa sé stesso e la realtà presente, sulla base di quel che proviene dal passato e di quel che avverrà in futuro.

È pure vero però che per Heidegger esistono degli eminenti pensatori, sono quelli che fondano il pensiero umano nei suoi tratti più alti. Secondo Heidegger, l’uomo è l’essere pensante, per questo è tipica dell’uomo anche la spensieratezza, derivata dall’assenza di meditazione. Resta in ogni caso impossibile per l’uomo essere introdotto nella filosofia, la quale è “un luogo” in cui “soggiorna” da sempre.

Detto questo, se l’uomo soggiorna nella filosofia come essere pensante-ripensante è pur vero che rare volte riesce ad abituarvisi, dunque per Heidegger egli necessita di essere condotto ad abitare in essa, così da imparare a pensare autenticamente. L’uomo deve recuperare la filosofia per divenire più pensante, più pensoso, anche nel quotidiano.

Heidegger afferma “noi pensiamo ciò che è, benché solo di rado diveniamo consapevoli di questo pensare […] non capiamo in quale modalità dell’essere ci si mostra l’essente di cui tanto discutiamo”.

Heidegger ci dice che l’essere, ciò che è, ci sfugge, dato che non siamo pienamente consapevoli del nostro pensiero, che è sempre relativo all’essere. Infatti, continua, se ci chiediamo “che cosa è ora?” Tale domanda è plurivoca, ossia implica più risposte, in base al senso che diamo alla domanda: in primo luogo sul tempo, per quanto tempo venga inteso nella sua estensione, in secondo luogo sull’essere, per come esso è inteso, se immediatamente coglibile come entità o se essente autentico dietro alla parvenza che si mostra evidentemente.
A questo punto bisogna precisare che Heidegger intende per essente il reale effettuale, ovvero ciò che si può rendere oggetto, non semplicemente ciò che è, per cui intende, invece, l’essere.
Le risposte alla domanda “cosa è ora?” Sono molte e inconciliabili, per Heidegger, solo se non riusciamo ad accedere al pensare autentico (eigentlichen denken). Heidegger continua dicendo che a tale pensare (vero e proprio) ci possono condurre i pensatori autentici: i filosofi e i poeti. Al che Heidegger si chiede cosa li accomuna, vale a dire quanto un poeta sia filosofo e viceversa. Heidegger ci illumina “al proprio del pensatore e del poeta appartiene il fatto di ricevere il loro meditare dalla parola e di reconderlo nel dire”.

Quindi sia la filosofia che la poesia esprimono mediante la parola, il verbo, una meditazione su ciò che è. Heidegger aggiunge che vige una coappartenenza tra il pensare e il poetare, ciò è riscontrabile in alcuni pensatori, in cui è presente l’elemento poetico, e in alcuni poeti, in cui è presente il pensare autentico. Una prova è fornita dalla filosofia di Nietzsche così poetica in “Così parlò Zarathustra” e, allo stesso modo, dalla poesia di Hölderlin per la presenza di un ampio elemento meditativo. Heidegger a proposito chiosa “entrambi sono i due che sono in un eminente riferimento reciproco del pensare e del poetare”. Secondo Heidegger potremmo porre il titolo “Nietzsche e Hölderlin” anziché quello di “Pensare e poetare”, ottenendo forse in tal modo, quasi implicitamente, il pensare poetico e il poetare pensante.


Heidegger considera Nietzsche l’ultimo filosofo dell’età moderna, dacché è stato l’ultimo che ha pensato “ciò che è ora”, quindi seguire il suo pensiero, significa ripensare ciò che lui ha pensato sull’essere, tutto ciò che Nietzsche ha pensato viene definito da Heidegger il suo pensando: Nietzsche riflette sull’essente, a partire dal suo essere, affermando “tutto l’essente, nella misura in cui è, è volontà di potenza”. Allorché Heidegger si chiede se questa volontà è un divenire (anche “il divenire in quanto tale è” secondo Heidegger) è necessario stabilire quale “essere” sia pertinente a questa volontà di potenza, intesa come divenire di tutto. Per Heidegger Nietzsche intendeva dire che l’essere di ogni essente, il suo tratto essenziale, fondamentale, è la volontà di potenza, non che l’intero essente è volontà di potenza.
Heidegger, successivamente, si chiede perché si rivela essenziale per Nietzsche poetare il suo pensiero, specialmente nella figura di Zarathustra, cosa significa la poesia all’interno del suo pensiero? Tuttavia, prima di rispondere a ciò occorre analizzare il pensiero nietzschiano in cui Heidegger riscontra “il tratto metafisico europeo-planetario” per come esso è derivato ed è stato rappresentato nel tempo dai filosofi.

Heidegger asserisce che si potrebbe quasi risalire “a ritroso nel destino nascosto del pensare occidentale” e vedere come la figura di Nietzsche adempie al compito posto da questo stesso destino del pensiero europeo, in quanto ultimo filosofo.

Ora, dal momento che per ripensare il pensiero nietzschiano dobbiamo confrontarlo reciprocamente con il nostro pensiero, è necessario sapere il pensiero capitale di Nietzsche che per Heidegger si esprime nella dottrina della “volontà di potenza”, mentre il suo pensiero fondamentale è la dottrina dell’ “eterno ritorno dell’uguale”, pensata per la prima volta nel personaggio di Zarathustra. Quest’ultima dottrina è per lo stesso Nietzsche “il pensiero dei pensieri”, un pensiero originato dalla sua poesia, “l’eterno ritorno” è pensato ed esposto ancor prima dell’elaborazione della “volontà di potenza”, pensiero capitale che ne è invece la conclusione metafisica.
Ora, però, non si possono concepire i due pensieri, quello capitale e quello fondamentale, come un’intuizione l’uno e come un’opinione personale l’altro, ma per Heidegger bisogna cogliere il nesso che lega entrambi se vogliamo ripensare correttamente Nietzsche; quindi, tornando al punto di partenza, bisogna chiedersi quanto nel pensare nietzschiano sia essenziale il poetare.

In sintesi, Heidegger ci ha chiarito che la filosofia non può essere trattata alla stregua di una materia di insegnamento, perché è come se fosse già “intorno” all’uomo sia di giorno che di notte, ma l’uomo comune la vede solo quando “gli appare nel chiarore”; “la conduzione al pensare” consente di rendere più chiaro questo lato oscuro del pensare, così spesso ignorato, in questo modo diveniamo più pensanti; poiché noi siamo esseri pensanti, pensando ciò che è, noi in quanto essenti dobbiamo divenire più essenti.

Heidegger conclude affermando che i tedeschi sono un popolo di poeti e filosofi, la presenza dei quali non è dovuta a delle manifestazioni culturali ma essi, pensatori e poeti, “producono noi [tedeschi] nella nostra essenza”, ossia essi, individuando la loro essenza, il tratto fondamentale e inesauribile dell’essere, li definiscono, gli fanno capire chi sono. Ma agli stranieri che, ritenendo questo (il fatto che ci pensano i tedeschi a produrre filosofi e poeti), pensano che possono restare indisturbati nei loro affari di mercato, evitando così di arrivare a pensare autenticamente, Heidegger risponde: -“potrebbe […]essere […] che il nostro pensare e poetare inquieti gli stranieri e li faccia mettere in questione […] nella loro essenza.”

L’introduzione di “Pensare e poetare”, infine, si chiude con una prima risposta agli interrogativi posti: “quando portiamo il pensare a levarsi di fronte al poetare, il pensare emerge più nettamente nella sua essenza”. Per poi precisare però che per fare questo, senza perdersi nell’indeterminatezza del pensiero, occorre raffrontare “il pensare di un determinato pensatore e il poetare di un determinato poeta”. Heidegger prende come riferimenti al pensare e al poetare Nietzsche e Hölderlin, non Kant e Goethe, perché a sua detta i primi rappresentano al meglio, rispettivamente, “quel pensatore che pensa ciò che è ora” (il denken), e ” quel poeta che poeta ciò che è ora” (il dichten).
Heidegger sostiene infatti che in Nietzsche e Hölderlin il pensare e il poetare si compenetrano in modo unico e mirabile.
Ovviamente, Martin Heidegger ci tiene a sottolineare che questa connessione non si tratta di un’ operazione storiografica o di un raziocinio dettato dalla curiosità, ma di una necessità umana: quella di ripensare seguendo il pensatore e di ripoetare seguendo il poeta.
Secondo il filosofo novecentesco copensiamo fedelmente al pensiero di Nietzsche solo se ripensiamo il suo “pensiero dei pensieri”, ossia “l’eterno ritorno dell’uguale”. Proprio tramite la figura di Zarathustra si poeta questo pensiero, ultimo pensiero della metafisica occidentale, ma è questo stesso poetare, necessario per esprimere tale dottrina, che è “il segno del compimento della metafisica occidentale”. All’interno del percorso storico della filosofia occidentale fino al raggiungimento del suo stadio moderno, l’ultima volta, prima di questa, che si era poetato in una metafisica, a detta di Heidegger, era stato nel pensare di Platone, avendo il filosofo greco poetato i suoi “miti”.

Per questo capitolo è tutto, Continua prossimamente!

Una risposta a “Heidegger “ripensa” Nietzsche. Articolo Di Luis Rega. Capitolo 1”

  1. L’articolo mi è piaciuto assai. Vengono messi in curiosa relazione due concetti fondamentali della mia concezione di conoscenza, in chiave – aggiungerei – squisitamente soggettiva. Parliamo di discipline umanistiche ovvero, nelle quali, si investiga il soggetto più che l’oggetto (poesia e filosofia, appunto) di cui ancora mi mancava da osservare la compartecipazione. Ottimo lavoro!

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