Angoscia e Felicitá: due sorelle diverse. Di Mena Esposito

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Cari lettori, care lettrici, vi presento ora un articolo dedicato all’angoscia ed alla felicità, scritto da Mena Esposito che ringrazio con grande gioia ed onore.

Noto con gaudio sempre maggiore che sempre più gente ha intenzione di condividere la sua opinione, le sue ricerche e la sua creatività all’interno di questo spazio virtuale, e tale fatto mi rende assolutamente orgoglioso.

Come intuibile dal titolo, il testo si concentra intorno a due grandi temi filosofici: l’angoscia e la felicità. ( Per altre riflessioni sul tema della felicità, qui trovate il tema di Giulio Rizzo sulla questione). Non voglio anticipare altro, per non voler togliere a Mena l’onore di presentare la questione nel miglior modo possibile!

Il testo è scritto a mio avviso davvero bene, dunque è sicuramente un grandissimo onore poter accogliere il suo lavoro all’interno di questo sito! Se vi piacerà tale articolo e vorrete leggere altre sue opere, a fine articolo troverete i link alle sue ultime opere!

Ora bando agli indugi, vi lascio scoprire cosa scrive Mena a proposito di angoscia e di felicità!

Il direttore, Mattia Mandalà

Angoscia e Felicitá: due sorelle diverse. Di Mena Esposito

Parlare di queste tematiche è sempre, a mio modesto avviso, arduo e complicato, non solo per la grande capacitá introspettiva richiesta ma anche per la difficile selezione delle parole da osare. Le parole sono, come sostiene J.K. Rowling, “la nostra massima e inesauribile fonte di magia, in grado sia di infliggere dolore che di alleviarlo” e, aggiugerei io, spesso facilmente fraintese.
Ciononostante mi piacerebbe affrontare questo tema discusso giá diversi secoli fa da grandi pensatori e scrittori per cercare quantomeno di avvicinarci a qualcosa di simile ad una “veritá” collettiva.
Cos’è l’Angoscia? In termini psichici diremmo che è uno stato di dubbio tormentoso o di profonda inquietudine. Per Freud essa si sviluppa automaticamente quando si ha un afflusso di stimoli troppo grande per poter essere padroneggiato o scaricato.
In filosofia abbiamo Kierkeegard, il quale invece la ricollega al sentimento del possibile, la condizione esistenziale creata dalla “vertigine” della libertà, cioè dalle possibilità infinite dell’esistenza.
O ancora Sartre, il quale afferma che l’angoscia raggiunge l’uomo quando si trova dinanzi ad una scelta. L’uomo è infatti responsabile di ogni sua decisione.
A questo punto potremmo mettere d’accordo un po’ tutti giungendo alla conclusione che questo “stato” o “sentimento” o “condizione” è generato dal nostro inconscio, dalla nostra incapacitá di comprendere nella totalità il nostro io e la realtá esterna. L’angoscia è molto presente nella vita di tutti i giorni ma semplicemente non è percepita allo stesso modo da tutti. Perché? Sostanzialmente perché esistono una categoria di anime predisposte, più sensibili ed emotive, le stesse che scorgono i dettagli più reconditi e hanno il titanico desiderio, l’estrema curiositá di conoscere, arrivare alla ragione della nostra esistenza e del tutto.
I dubbi continui, le domande portano inevitabilmente all’angoscia, così come il non riuscire ad abbracciare nessuna risposta soddisfacente. È una ricerca continua inappagata.
Talvolta sembra che si possa convivere con l’idea del dubbio, con il conflitto, mentre altre volte questa consapevolezza può portare ad una forma di nausea (e ancora una volta mi ricollego al caro Sartre). Ma è angoscioso anche questo altalenante sentire, se ci riflettiamo bene, perché rende inquieta, quindi instabile, la mente.

Ma la Felicitá, allora, serve a rimediare?
Anzitutto come definiremmo il concetto di felicitá?
La felicità è uno stato emotivo positivo, una sensazione di soddisfazione e di benessere. Analogicamente parlando, se Angoscia e Felicitá fossero due sorelle, “Angoscia” sarebbe quella tozza brutta e bisbetica mentre “Felicità” quella snella, gentile e bella.
Per molti pensatori, tuttavia, la felicità nemmeno esiste veramente. Per altri esiste ma è una condizione illusoria. Il nostro Leopardi, per citare un grande, la riscopre nell’attesa; l’uomo infatti pensando a qualcosa di piacevole si sente felice e può lasciarsi andare alla vita che sta per arrivare.

Impossibile non citare ora anche Epicuro: per lui la felicità è raggiungibile solo quando l’uomo cessa di provare dolore, quindi con l’assenza dello stesso. Introduce inoltre un concetto assai rilevante: l’imperturbabilità, che gli antichi greci definivano ataraksía (atarassia), necessaria anch’essa per essere davvero in tale stato.
La felicitá potrebbe, per rispondere alla domanda iniziale, quindi “curare” l’angoscia? La veritá è che nemmeno per i saggi greci era davvero così semplice.
Sarebbe forse più conveniente chiedersi se è possibile che queste due sorelle possano convivere, pur essendo così diverse. A mio parere c’è bisogno necessariamente di dialogare con entrambe per essere davvero sapienti e rendersi dunque consci della loro importanza, nel bene e nel male. Ma a prescindere da ciò, la storia ci ha giá insegnato che l’uomo non ha veramente bisogno di essere felice, o meglio, sa di non poterlo essere, inequivocabilmente.

È per questo che assai caro diviene il concetto peripatetico di “metriotes” (letteralmente “moderazione”). Ci vuole infatti il giusto equilibrio per le cose esterne e interne a noi, la necessaria moderazione, quella che forse in tempi odierni viene un po’ a mancare. Immaginiamo queste due sorelle (con un pizzico di fantasia) che si tengono per mano, ognuna sorregge l’altra di modo che nessuna delle due ceda. Non è dunque una lotta, è un sostentamento spontaneo. Alla stessa maniera noi uomini – con la medesima naturalezza – dovremmo slegarci dall’eccesso e dall’esuberanza e accarezzare l’idea che non esistono realmente veritá assolute e che la troppa logica così come il troppo romanticismo conducono, seppur attraverso percorsi diversi, allo stesso burrone.

Non si può obliare l’angoscia, così come l’uomo dovrebbe smetterla di credere, in questo mondo terreno, alle favole. Si può accarezzare la gentile felicità, sì, ma con il giusto modo.
Ciò non implica, attenzione, che il sentimento angoscioso abbia più ragione d’esistere, al contrario, bisognerebbe ricordarsi che la nostra anima è una moltitudine e che quindi oltre le nostre gabbie mentali, c’è dell’Altro ad attenderci. E in taluni casi è proprio quest’altro a renderci liberi, se riscopriamo la capacitá di percorrere le nostre strade con i nostri strumenti, seguendo i nostri tempi, diversi da quelli degli altri, perciò unici.
Angoscia e Felicitá sono una briciola del nostro sentire. Non bisogna in alcun caso abbandonarsi troppo a loro, né imparare a dipenderne.

Le Opere di Mena Esposito

Vi è piaciuto l’articolo? Vi lascio due altre opere di Mena qui sotto!

Velati ritratti

Boccioli

Grazie mille per l’attenzione, al prossimo articolo!

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