Idealismo filosofico: affascinante questione filosofica!

Inaugurazione della rubrica

Inauguro oggi una nuova rubrica, dedicata alle basi del linguaggio e del vocabolario filosofico. Si parte con l’idealismo, una parola chiave in ambito filosofico.

Questa rubrica nasce con l’idea di definire in maniera chiara e distinta alcuni termini fondamentali di questo ambito, con la volontà di sfatare falsi miti e di far notare le grandi differenze tra il senso comune di queste parole e quello filosofico.

(tale operazione è stata svolta all’interno dell’articolo dedicato alla libertà, nel quale ho definito il significato tecnico-filosofico della parola “necessità”!)

Idealismo: un termine problematico ed equivocabile

Negli ultimi mesi, mi sono accorto che non si ha una chiara e precisa idea di cosa questo termine vada effettivamente ad indicare. Questa presa di coscienza ha preso luogo mentre ero nella loggia segreta del segretissimo gruppo di discussione filosofica.

Ho notato in tale occasione che non c’era una vera consapevolezza di cosa il termine significasse filosoficamente parlando: vi era chi lo attribuiva a filosofi definibili in realtà come “realisti” e chi tendeva a confonderlo con il significato che il linguaggio comune attribuisce a tale termine.

idealismo
Una classica riunione del segreto gruppo di discussione filosofica. Io sono quello di bell’aspetto con la felpa della Pimpa.

Ciò portò al mio deciso intervento, che diffuse la verità all’interno della mia amata comunità alla quale sono assolutamente devoto. Sono riuscito a spiegare cosa fosse l’idealismo servendomi solo di un piatto di pollo al curry. Una volta fatto il mio discorso ai membri della società segreta che acclamavano il mio nome ebbri di gioia, ho sentito una mano sulla spalla. Era lui, Armando! Egli mi disse:”Mattia, sei forte”! Da quel momento ebbi la consapevolezza della mia grandezza poderosa, e cominciai a diffondere le mie conoscenze tra le genti di tutte le zone possibili.

Da quel momento deriva anche l’idea per questo sito e per questo articolo. Quel 12 novembre passò alla storia come “Il giovedì del pollo idealista”. Per motivi di sicurezza non posso rivelare le persone presenti, siamo una società sulla lista nera di mille stati (soprattutto il Vaticano), ma esse sanno nel loro cuore di essere state presenti, e sono convinto che serberanno tale ricordo fino alla tomba ed anche oltre( se eravate presenti mandatemi un messaggio con scritto “Sgrimpifamp”, ma usate un vpn sennò ci tracciano).

Idealismo nel linguaggio comune

Prima di spiegare cosa sia l’idealismo in ambito filosofico, è bene di chiarire un grande equivoco. Reputo necessario ribadire che il significato di tale espressione in ambito filosofico è del tutto distinto e differente rispetto al significato che associamo generalmente e tipicamente a tale termine.

L’enciclopedia Treccani alla voce “Idealismo” recita: “Tendenza a idealizzare la realtà, a interpretare e a giudicare in base a concezioni che siano al di fuori della realtà effettiva, atteggiamento di fede nella forza delle idee e degli ideali: il suo ilo ha sempre tenuto lontano dagli intrighi della politica. Con senso limitativo, mancanza di concretezza, di senso pratico.”

Quello qui sopra è il significato di dominio comune, quando parliamo di idealismo nel linguaggio di tutti i giorni ci riferiamo a tale significato. Il problema nasce dal credere che il significato rimanga lo stesso quando si parla di idealismo in senso filosofico:tale erronea convinzione è decisamente diffusa.

Espressioni del tipo “credo nella pace nel mondo” sono idealiste? Solo nel senso comune del termine: in ambito filosofico tale espressione non lo è decisamente!

Significato filosofico del termine

Il termine idealismo in filosofia indica quella concezione che pone il mondo come idea, ovverosia come “oggetto della mente”. La posizioni idealiste sostengono che il mondo non abbia una consistenza autonoma ed indipendente dal soggetto, ma che dipenda da esso e che sia privo di consistenza ontologica indipendente da quest’ultimo.

Tale posizione è decisamente caratteristica della modernità filosofica, e le sue caratteristiche variano notevolmente a seconda del filosofo di riferimento. Ma quelle descritte sopra sono le sue caratteristiche principali.

Tale convinzione è avversaria di quella realista, che sostiene l’indipendenza e la priorità dell’oggetto rispetto al soggetto, del mondo rispetto all’io: esiste un mondo anche prima dell’apertura del primo occhio, l’esistenza qui è prioritaria rispetto alla percezione e rispetto al pensiero dell’io.

Tale interpretazione, rispetto a quella idealista, viene preferita nella grandissima maggioranza dei casi per descrivere la realtà: la convinzione realista è egemone nel nostro attuale “bagaglio delle certezze”. Nell’ultimo paragrafo dell’articolo darò la mia opinione su questa faccenda.

Un’invenzione filosofica della modernità, si è detto. Infatti, le numerosi posizioni precedenti (elleniche e medievali), per quanto differenti tra di loro adottavano tutte il modello realista.

Ma come, cosa mi dici di Platone? Il “filosofo delle idee”? Anche lui fa parte della tradizione realista o è un’eccezione?

Andrò a rispondere a tale quesito, andando a rispondere ad una questione equivocata e scottante: no, non è idealista!

Idealismo e Platone: il più grande dei malintesi!

Prima di spiegare perché non è corretto definirlo idealista, accenno brevemente ai non addetti ai lavori l’ontologia platonica.

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Secondo Platone, la realtà sensibile non è altro che la copia, l’imitazione dell’autentica realtà, quella intellegibile, eidetica: il mondo delle idee. La realtà suprema è quindi costituita dalle idee, delle quali il mondo è una copia. Esso è quindi privo di consistenza ontologica definita: solo le idee eterne sono, il mondo invece è formato a modello di esse e ne dipende.

Secondo lui, noi percepiamo le idee tramite il pensiero, che ha sede nell’anima.

Nonostante queste convinzioni, il pensiero platonico non mette in discussione l’impianto realista. Infatti:

  • il termine idea usato da Platone ha significato diverso da quello usato dai moderni: non si tratta di “oggetti della mente”, ma di realtà intellegibili esterne ad essa
  • Si tratta quindi pur sempre di oggetti: non sono materiali, ma non sono soggetti: sono oggetti che vengono percepiti non con i sensi ma con il pensiero, ma pur sempre oggetti rimangono
  • esse non sono autocoscienti, a prova del loro carattere oggettivo e non soggettivo
  • quindi, le idee vengono percepite dall’anima che è a loro esterna. Platone afferma che le idee esisterebbero anche se noi non esistessimo: dunque, sta dicendo che gli oggetti (le idee) esisterebbero anche in assenza del soggetto (anima umana). Un idealista non lo direbbe mai!

L’equivoco, che ora spero vi abbia sfatato, è dovuto nella gran parte dei casi al termine idea, che in Platone però come visto assume un significato diverso a quello moderno

La svolta Descartiana

Il processo che arriverà, nella modernità filosofica, a dar vita all’idealismo nasce senza dubbio dalla scoperta cartesiana del cogito, dell’io. Nonostante alla fine del percorso delle meditazioni egli arrivi a dimostrare l’esistenza di una res extensa autonoma rispetto al soggetto ed al pensiero e quindi la sua filosofia non sia alla fine propriamente realista, il suo movimento dubitativo sospende per la prima volta il giudizio sulla realtà esterna, sulla grande sicurezza degli antichi e dei medievali(gli scettici ovviamente rappresentano un mondo a parte, ma questo è un altro grande tema).

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Con Cartesio cambia la prospettiva della filosofia: ci si era sempre interessati al mondo, ai suoi contenuti, trascurando invece l’io, ciò che percepisce i contenuti.

Per la prima volta viene messo in dubbio l’esistenza di un mondo esterno, l’unica cosa indubitabile è invece l’io, il proprio pensiero. Viene quindi preso in considerazione una possibilità che sarà poi uno dei principi chiave dell’idealismo: la possibilità che il mondo non sia altro che oggetto della nostra mente,e che sia stato creato da noi.

Come detto, Cartesio alla fine riuscirà ad uscire dal muro della propria interiorità e dimostrare la realtà esterna, ma ciò non toglie il fatto che le sue riflessioni abbiano di fatto causato la nascita del pensiero idealista, che si svilupperà nei decenni successivi.

La svolta cartesiana segna infatti un punto di passaggio, viene indiscutibilmente considerata come la svolta che segna l’origine del pensiero filosofico della modernità, ed il soggetto, l’io, lo spirito, il pensiero ne è il protagonista indiscusso.

E’ con Cartesio che nasce il significato che noi oggi attribuiamo al termine idea: non più una realtà oggettiva intellegibile extra mentale, bensì i contenuti mentali di un soggetto.

Inizia dunque l’età dell’oro dell’idealismo. Ora andrò a parlare delle visioni filosofiche di alcuni dei suoi esponenti, per presentare qualche esempio.

L’idealismo di Berkeley

Facendo un breve balzo oltre la Manica, eccoci nella terra di sua maestà, casa di uno dei primi esponenti dell’idealismo filosofico. La tesi fondamentale di Berkeley è molto chiara, e rispecchia uno dei principi cardine di questa corrente di pensiero: esse est percepit.

L’essere delle cose, la loro consistenza ontologica non viene quindi attribuita quindi alle cose stesse, ma al loro essere percepite da un soggetto:ecco il famoso “rapporto di dipendenza” del quale stavo parlando prima. Egli nega quindi che le cose abbiano una propria consistenza autonoma, e che il loro essere corrisponda quindi al proprio essere percepite o pensate da un dato soggetto.

Egli nega dunque che le cose abbiano consistenza materiale, esse esistono solo come contenuti dello spirito, della mente. Quindi in Berkeley, l’unica vera realtà sostanziale è quindi lo spirito che percepisce le idee, questi vari e numerosi contenuti della mente, privi di autonomia.

Berkeley

Colori, suoni, sapori,ecc quindi non sono altro che idee, sensazioni, prodotti mentali:non sono dovute a nulla di oggettivo, materiale ed esterno al percepiente. Esistono solo spiriti ed idee, spiriti e sensazioni. Non vi è spazio per altri tipi di realtà.

Per approfondire ulteriormente la questione, vi invito alla letture delle pagine dedicate a Berkeley nella “Storia della Metafisica” di Lucio Cortella.

L’idealismo filosofico trascendentale di Kant

La posizione Kantiana prende anche il nome di “Idealismo trascendentale”. Si tratta di una visione speculativa molto innovativa ed interessante, che ha dato luogo a sviluppi successivi (vedi il paragrafo successivo).

Qui la faccenda si complica rispetto alla visione di Berkeley. Andiamo con calma e con ordine!

Secondo Kant, tutta la nostra esperienza, ossia tutti gli oggetti con i quali noi abbiamo a che fare, dipendono da noi in quanto sono il risultato dell’azione delle nostre categorie intellettuali e delle forme della sensibilità (spazio e tempo) su della “materia sconosciuta” noumenica.

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Quindi, siamo noi che, tramite le nostre categorie e le forme a priori della sensibilità, conferiamo agli oggetti l’aspetto e la conformazione che percepiamo. E’ una posizione quindi idealista in quanto è il mondo esterno a dipendere da noi e dalle nostre categorie mentali, e non viceversa.

La particolarità di questa posizione però è il fatto che nonostante ciò essa non chiuda del tutto le porte ad una qualche forma di realismo: non siamo noi a creare il “materiale primario” dal quale costruiamo la nostra esperienza, siamo semplicemente dei recettori di una x sconosciuta, il noumeno, che modelliamo a seconda delle nostre categorie: prima lo facciamo entrare nel reticolo spaziotemporale grazie alle forme a priori della sensibilità, poi diamo a tale costruzione una consistenza grazie all’azione delle categorie intellettuali.

Non è però, questo è l’aspetto fondamentale, questo materiale di partenza di produzione mentale: Kant esclude la possibilità di intuizioni diverse da quelle sensibili, quindi il materiale deve essere per forza esterno.

Tento di esemplificare per essere più chiaro: in questa posizione, il fatto che io veda ad esempio un tavolo con determinate caratteristiche è una mia produzione,che avviene grazie alle mie categorie. Il materiale di partenza dal quale scaturisce questa costruzione non dipende invece da noi.

Esempio delle lenti

E’ come se vedessimo il mondo attraverso delle lenti speciali che forniscono ad esso la forma che attualmente vediamo. Non siamo però in grado di vedere il mondo come realmente è, è come se queste lenti, questo filtro non fosse eliminabile. Questa mi pare il migliore esempio possibile: vediamo il mondo grazie alle nostre lenti e l’esperienza così come la viviamo dipende dal soggetto, non dipende dal soggetto però il mondo in sé, il mondo come noumeno.

Idealismo filosofico di Fichte in breve

Fichte ritiene di essere un discepolo di Kant, ma lo supera ed afferma tesi che Kant non avrebbe ammesso. Egli supera Kant dal momento che ritiene che le famose “intuizioni intellettuali” siano possibili, e che siamo quindi non solo autori del mondo dell’esperienza, ma anche autori del mondo in sé.

Per Fichte quindi il mondo diviene oggetto della creazione dell’io. Per lui, l’io non è una sostanza, ma un’attività:consiste nell’attività attuale del pensare a sé stessi. Prima di essere autocoscienti, per lui non si è affatto: è l’io autocosciente che crea il mondo autocreandosi! Nel pensarsi, l’io crea sé stesso ed il mondo intero. Il suo essere è quindi conseguenza del pensare. Io parimenti come agente e conseguenza di tale azione. Questo io non è condizionato da altro, non è limitato da una “cosa in sé” di stampo Kantiano.

Ogni principio ed ogni realtà dipendono dall’io. Anche principi come quello di identità A=A anche se sono certi, dipendono dal fatto che io li stia ponendo. Sono comunque contenuto del pensiero e da esso sono dipendenti. Ogni contenuto è tale solo in quanto viene posto dall’Io, non c’è più il dato ma solo il posto.

fichte

Non c’è nulla di assoluto al di fuori dell’Io, perché solo l’io è l’atto che mentre si pensa si pone, questa è la sua assolutezza.

Poi in Fichte ci sono tutta una serie di contraddizioni e problematiche riguardo il rapporto con il non-io, ma la loro complessità richiederebbe un articolo a parte, quindi per ora bastino queste informazioni, lo scopo di questo articolo non è la conoscenza assoluta, solo un accenno su questo termine filosofico!

Omissione dello Hegel

Per lo stesso motivo, in questo articolo eviterò di parlare di un argomento troppo complesso come l’idealismo filosofico Hegeliano: in caso di interesse scrivetelo nei commenti ed io provvederò con la scrittura di un articolo monografico!

Chiosa finale: la mia su idealismo filosofico/realismo!

La mia tesi è la seguente: sia idealismo filosofico che realismo sono due interpretazioni, due astrazioni, due visioni del mondo entrambe prive di dimostrazione indubitabile. L’unica certezza è il fatto che l’esperienza conoscitiva include sempre sia un soggetto conoscente che un oggetto conosciuto, non possiamo prescindere da questo schema.

Le cose non si presentano mai senza il nostro sguardo, ed al contempo noi non stiamo mai senza percepire qualcosa: nell’esperienza non vi è oggetto senza soggetto, e non vi è un soggetto senza oggetto.

Questo è l’unico dato, l’unica certezza empirica indubitabile. Il dare priorità ad uno o all’altro estremo della questione è un’astrazione successiva, un’interpretazione indimostrabile che trascende il livello empirico.

Infatti dato che ogni esperienza coinvolge sempre oggetto e soggetto, è indimostrabile l’affermazione sicura di uno dei due poli in assenza dell’altro. La visione realista prevale, ma non perché abbia un maggiore grado epistemico o veritativo, ma solo in quanto ci pare essere l’interpretazione che meglio descrive il mondo.

Questa mia tesi è di chiarissima ispirazione Schopenhauariana, esposta principalmente nel primo libro del “Mondo come Volontà e Rappresentazione”

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