Contingenza o Necessità: Severino e Kierkegaard al brutal duello!

contingenza

Dopo aver parlato di Dio, ecco qui un nuovo appuntamento con “pillole di filosofia”! Stavolta avremo a che fare con un grandioso scontro (indiretto per ovvie ragioni temporali) tra Kierkegaard e Severino. La questione dibattuta? L’esistenza del contingente nel reale, del possibile! Il primo è un grande difensore di una lettura della storia come possibilità e contingenza. Il secondo, al contrario, nega la possibilità di qualsiasi tipo di contingenza. Prima di entrare nel vivo della questione della contingenza però, è opportuno aver chiaro il significato di queste categorie modali!

Cos’è la contingenza? Cos’è il possibile?

Andremo ora quindi a definire i termini presenti in questa questione. Tali definizioni permetteranno una comprensione autentica della grande battaglia filosofica che sarà poi analizzata successivamente in questo articolo. Cominciamo dunque con il definire le “categorie modali”, ovvero le categorie tramite le quali ciò che è si presenta. Cominciamo dalla necessità!

Necessità

Per quanto riguarda la necessità, ripeto qui quanto scritto all’interno dell’articolo dedicato alla libertà.

“Si tratta senza dubbio di una parola cardine della filosofia. Non uso la N maiuscola per errore o per distrazione, ma perché voglio mettere in luce il fatto che si sta parlando di Necessità in senso forte, non nel senso forse più diffuso nella quotidianità.

Necessario in filosofia è ciò che è ed è innegabile che sia (frase con forte retrogusto Parmenideo), un avvenimento è necessario quando si verifica e non avrebbe potuto non verificarsi. Siamo abituati invece ad usarla in senso debole, condizionato. Ad esempio, la frase “è necessario che tu vada al lavoro se vuoi guadagnare lo stipendio” non indica una necessità assoluta, non allude al fatto che sia innegabile che compirai tale azione.”

Dunque, necessario è ciò che esiste e non può non esistere.

Impossibile

Rappresenta l’altra faccia della medaglia del Necessario. Se Necessario è ciò che è ed è innegabilmente, l’impossibile è ciò che è necessario che NON sia.

Reale

Reale è ciò che attualmente esiste. Ciò che è necessario è di conseguenza sempre reale, l’impossibile non lo è mai ed il possibile lo è solo occasionalmente.

Possibilità/contingenza

Il possibile invece indica ciò la cui esistenza non è necessaria. Indica cioè ciò che è indifferente all’essere ed al non essere. Il possibile è quindi sia ciò che è ma la cui esistenza non è necessaria, sia ciò che non è ma la cui esistenza non sarebbe impossibile. Il termine “contingenza” è strettamente legato al possibile. Essa infatti rappresenta una caratteristica di ciò che è possibile. Contingente infatti è ciò che è, ma potrebbe non essere, oltre a ciò che non è, ma potrebbe essere. Ciò che è possibile dunque è anche contingente, e viceversa. Ora che questi termini sono stati chiariti, si procede con la questione.

La grande questione della Storia

Questo grande dibattito filosofico riguarda in questo articolo due grandi pensatori e due loro grandi opere: Kierkegaard con le sue Briciole di Filosofia, e Severino con il suo Destino della Necessità. Il primo vede la storia come “il diventare reale del possibile” e quindi vede la storia degli avvenimenti del mondo come storia della contingenza. Severino al contrario vede la storia solo ed unicamente sotto la lente della necessità. Tutte le decisioni sono già state eternamente prese, la libertà è illusoria. Ma andiamo con ordine!

La storia come contingenza nelle Briciole filosofiche!

reale

Cominciamo dunque dal pensatore danese, molto deciso nella sua lettura del divenire come diventare reale del possibile, e dunque si presenta come estremo difensore della contingenza del reale. Che il reale sia possibile e non necessario significa proprio questo: che è, ma sarebbe potuto non essere! Dunque per lui tutto ciò che è reale non è necessario, bensì del tutto contingente! Afferma dunque una delle massime difese della libertà della contingenza del reale.

Tale sua teoria del divenire viene espressa all’interno dell”Intermezzo”, capitolo della sua opera dedicato a questa questione!

La grande domanda di partenza

Questo famoso “Intermezzo” si apre con una domanda importante che l’autore si pone:

Il passato è più necessario del futuro?

Oppure:

Il possibile, con l’essere diventato reale, è con ciò divenuto più necessario di quanto lo era?

Kierkegaard, Briciole filosofiche.

La domanda posta ha strettamente a che fare con la contingenza! Dando una risposta positiva alla domanda, nulla sarebbe più contingente! Se le cose diventando reali fossero per questo necessarie, ciò vorrebbe dire che ciò che è, solo per il fatto di essere, è necessario che sia! Addio contingenza quindi!

Rispondendo negativamente invece, diremo che il possibile, anche se diventa reale, non per questo diventa più necessario di quanto fosse prima! Ciò significa dire che quanto è reale sarebbe potuto non esserlo stato: in poche parole, si affermerebbe la contingenza!

Una volta posta la questione, entriamo ora nel pieno del testo! Vediamo cosa dirà!

Il Tilblivelse

Tale espressione indica il concetto di “Diventare reale” in danese. Essa è fondamentale nel linguaggio di Kierkegaard.

Egli parte facendo notare la differenza di quella particolare forma di mutamento costituita dal diventare reale, che si distingue nettamente da tutti gli altri mutamenti: gli altri infatti presuppongono la presenza reale di un oggetto interessato a tale cambiamento.

Qual è il modo con cui muta ciò che diventa reale, o qual è il mutamento del diventare reale? Ogni altro mutamento presuppone che esista ciò riguardo a cui si effettua il mutamento.

Kierkegaard, Briciole filosofiche.

Non solo: questi cambiamenti riguardano l’essenza di una cosa: un tavolo giallo è diverso rispetto a quando era verde! Il diventare reale lascia invece inalterata l’essenza: si tratta di un passaggio che riguarda l’essere, non l’essenza!

Questo mutamento non è nell’essenza, ma nell’essere, ed è dal non esistere all’esistere

Kierkegaard, Briciole filosofiche.

Stiamo ora arrivando ad un punto decisivo per la questione della possibilità e della contingenza. Kierkegaard ragiona infatti sul non esistere della cosa che dovrà venire ad essere. Egli interpreta quel non essere ancora della cosa non come un nulla assoluto: la cosa non essente dovrà infatti avere la stessa essenza di quella esistente, altrimenti il mutamento riguarderebbe anche l’essenza.

Come chiama quel non essere quindi? Lo chiama possibilità!

Esempio banale? Per Kierkegaard, una casa prima di essere costruita non è nulla! Esiste infatti come possibile, ha un non essere determinato come possibilità che non è un puro nulla. Il diventare reale non è altro che l’entrare nel campo reale di questo non essere come possibilità.

Ma un tale essere che però è non essere, ecco, questo è proprio la possibilità; e un essere che è essere, ecco, proprio questo è l’essere reale o la realtà; e il mutamento del diventare reale è il passaggio dalla possibilità alla realtà

Kierkegaard, Briciole filosofiche.

Dopo aver spiegato in cosa consiste il diventar reale del possibile, comincia ad interrogarsi sul concetto di necessità con il fine di rispondere alla famosa domanda iniziale sulla contingenza!

Può ciò che è necessario diventare reale?

Questa questione è assolutamente essenziale per quanto riguarda il grande tema della contingenza che stiamo trattando in questo articolo. Kierkegaard vuole dimostrare che, non avendo il necessario qualcosa a che fare con il diventare reale, ciò che diventa reale non diventa necessario più di quanto lo fosse prima, rendendo quindi il divenire la storia della contingenza e non della necessità!

Ciò che è necessario può diventare reale? Il diventare reale è un mutamento, ma il necessario non può mutare perché si rapporta sempre a sé stesso.[…] Tutto ciò che diventa reale dimostra di non essere necessario appunto con il diventare reale, poiché il necessario è ciò che unicamente non può diventare reale, dato che il necessario è

Kierkegaard, Briciole filosofiche.

Kierkegaard è lapidario: essendo il necessario ciò che è sempre e comunque, esso non può diventare reale, non può patire infatti alcun cambiamento. Ne trae dunque delle conclusioni assolutamente rilevanti per il tema della contingenza del reale.

La contingenza del reale

L’affermazione dell’estraneità del necessario dal processo del diventar reale consente a Kierkegaard di affermare che il diventar reale non rende qualcosa più necessario di quanto fosse prima, ergo di fatto afferma la contingenza del reale. Andiamo a vedere cosa dice Kierkegaard al riguardo.

La necessità sta tutta per se stessa; proprio nulla diventa reale per necessità, tanto poco quanto la necessità diventa reale, o qualcosa diventa necessario con il diventare reale. […] Il reale non è più necessario del possibile, poiché il necessario è assolutamente differente da ambedue.

Kierkegaard, Briciole filosofiche.

Proprio per questa estraneità del necessario al divenire reale, abbiamo l’assoluta contingenza del reale nel divenire storico. Andiamo ora invece a vedere la tesi diametralmente opposta, ovvero l’assoluta negazione della contingenza da parte di Emanuele Severino in “Destino della necessità”

Severino e la storia come necessità dell’apparire e scomparire degli eterni.

severino

In Severino abbiamo la più radicale negazione della contingenza, e la storia è vista come un processo assolutamente necessario, nel quale ogni decisione è già stata eternamente presa, e la libertà non è che un illusione nichilista. Queste tematiche sono tipiche del pensiero severiniano maturo. In particolare, tali tesi vengono esposte all’interno di “Destino della necessità”.

La contingenza non appare!

Secondo Severino, la contingenza è sempre stata ritenuta nella storia del pensiero occidentale come assolutamente evidente: è sempre stato ritenuto ovvio che quello che succede sarebbe potuto non succedere, e ciò che non è successo sarebbe potuto succedere.

Ebbene, secondo Severino la contingenza non appare, non può essere ritenuta un’evidenza! Andiamo a vedere cosa dice!

Ma la contingenza degli enti non può essere qualcosa di evidente. […]. Infatti, un mondo che è trattenuto nell’inesistenza, perché invece di esso esiste il mondo che di fatto esiste, è un mondo che non appare; e l’affermazione che tale mondo inesistente sarebbe potuto e potrebbe esistere (invece del mondo che esiste ed esisterà di fatto) proprio perché riferisce un predicato ( la possibilità) a qualcosa che non appare (il mondo inesistente), non può essere espressione di un contenuto che appare. Se qualcosa non appare, non può nemmeno essere evidente che un certo predicato convenga a qualcosa.

E. Severino, Destino della Necessità

Dunque, Severino dice che il possibile di fatto non appare mai, e non apparendo non può essere evidente! A ciò che non appare non possiamo infatti alcun predicato, perché il possibile per definizione non è un contenuto che appare. Tale fatto ha delle conseguenze molto rilevanti sulla contingenza: se non è evidente il possibile, non lo è nemmeno la contingenza di questo mondo! Severino evidenzia tale legame tra contingenza del mondo reale e possibilità di quello possibile.

Ma solo se il mondo inesistente è possibile il mondo esistente è contingente. La contingenza dell’esistente è cioè la stessa possibilità dell’inesistente; sì che il non apparire della possibilità dell’inesistente è lo stesso non apparire della contingenza dell’esistente.

E. Severino, Destino della Necessità

Affermazione della necessità

In Severino dunque la contingenza non trova per nulla spazio. Ci troviamo infatti in una delle più radicali negazioni possibili della contingenza e della possibilità.

La storia per Severino non conosce alcuna libertà, tutto ciò che appare appare necessariamente, zero spazio per la contingenza. Nessun ente sarebbe potuto apparire al posto di quello che appare.

La spiegazione del perché di tutto ciò è assai lunga ed articolata, pertanto sarà sviluppata in un articolo successivo, dedicato esclusivamente a tale tema!

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